A poche ore dal presunto inizio della tregua in Libia, ieri mancava ancora l’adesione del generale Haftar. Il comandante dell’autoproclamato Esercito nazionale libico (Lna) ha ribadito di non voler cessare il fuoco contro gli avversari tripolini del Gna (Governo di accordo nazionale): la battaglia per la liberazione della capitale continua – riporta la nota del suo portavoce, al-Mismari – e continua la guerra contro i gruppi terroristi.

Haftar non si ferma nemmeno se a chiederlo è la Russia, uno dei suoi sponsor più potenti. Mosca lo sa, lo ha detto: il successo del cessate il fuoco a partire da oggi 12 gennaio, come concordato dal presidente russo Putin e dal turco Erdogan mercoledì scorso, dipende solo da Haftar.

Lo sa anche Ankara che ieri, tramite il ministro degli esteri Cavusoglu, chiedeva alla Russia di intercedere di più con Bengasi perché rispetti la tregua: «Siamo in attesa che i nostri amici russi riescano a convincere Haftar». Che però vuole mangiare più terreno possibile fino a quando il tempo glielo consentirà visto l’arrivo imminente dei primi soldati turchi, dopo i 300-600 mercenari siriani già inviati da Erdogan.

Così ieri, un giorno prima dell’inizio della tregua, in Libia si combatteva ancora. Se a Misurata il livello degli scontri sembrava leggermente in calo, venerdì a sud di Tripoli venti uomini di Haftar sarebbero stati uccisi in un raid aereo del Gna, secondo quanto affermato dall’esercito del premier Sarraj. Anche l’Lna dice la sua rivendicando l’avanzata a sud di Misurata.