Marco Cocco è un creativo, autore e speaker radiofonico. Venuto fuori da un passato da alcolista e da una relazione amorosa dolorosamente naufragata, finalmente riesce a piazzare, forse anche grazie a una raccomandazione, una sua creazione. Si tratta di una trasmissione radiofonica incentrata sulla nostalgia, intitolata I favolosi anni ’85. Il nome del programma è anche il titolo del nuovo romanzo di Simone Costa, recentemente pubblicato dalle edizioni Spartaco (pp. 155, euro 10) che narra, appunto, delle vicissitudini affrontate da Marco in seguito allo straordinario successo che arride alla sua creatura.

Un successo sicuramente legato alla semplicità e alla forza dell’idea di fondo, ossia ripercorrere il passato evocando «momenti di una vita mai vissuta, così generici che chiunque avrebbe potuto riconoscersi e riportare alla memoria sensazioni piacevoli». Insomma un programma in sostanza basato su ricordi inventati e brani musicali di successo degli anni passati. E che propone quindi situazioni come il profumo del piatto preferito preparato dalla mamma, il primo amore estivo o la vittoria della nazionale ai mondiali di calcio.

L’exploit della trasmissione, però, non si riverbera sul suo autore, ma sulla «voce» del programma, il cinico, arrivista e calcolatore Charlie Poccia, e Marco si ritrova a essere sempre più esautorato della sua creatura. Per il protagonista si apre così un percorso che attraverso rabbia, degrado, paura lo porterà letteralmente verso l’abisso. Un percorso che arriverà a seguire anche l’altra protagonista del romanzo, Irene Castello, donna in carriera, pure lei venuta fuori da una storia d’amore finita, che decide, con successo, di dedicarsi esclusivamente al lavoro. Per lei la strada verso l’abisso si aprirà all’improvviso, quando da un momento all’altro non riuscirà più a decifrare i discorsi degli altri: ogni parola pronunciata, infatti, le inizierà ad apparire come puro suono incomprensibile, senza senso. Almeno fino a quando non sentirà per caso una puntata di I favolosi anni ’85.

Non è difficile riconoscere nel romanzo di Simone Costa tematiche e argomenti già presenti in altri autori davvero importanti della letteratura. Autori, tra l’altro, in genere considerati agli antipodi tra loro. Se infatti il tema dei ricordi inventati non può non far pensare a vari romanzi e racconti di fantascienza di Philip K. Dick, la perdita del fragile dono del linguaggio subita da Irene rimanda immediatamente a uno dei principali esponenti della Krisis mitteleuropea di inizio Novecento, Hugo von Hofmannsthal, e in particolare alla sua Lettera di Lord Chandos. Rimandi in ogni caso gestiti in maniera efficace dall’autore che riesce a utilizzarli per narrare la crisi attuale attraverso le storie di personaggi e figure professionali, come il creativo e la donna in carriera, apparsi sulla scena per la prima volta proprio negli anni ’85, gli anni di cui si occupa con nostalgia il programma radiofonico ideato dal protagonista. Figure oggi probabilmente al tramonto, forse proprio perché, di fronte alla miseria del presente che investe ormai le relazioni umane, il lavoro, la vita in generale, trovano, come tanti, «molto più facile rifugiarsi in un falso ricordo edulcorato dal tempo che costruire a fatica qualcosa di diverso».

Romanzo senza dubbio drammatico soprattutto nella struttura della trama, approfondito nello scavo psicologico delle emozioni e dei traumi che segnano i due protagonisti, I favolosi anni ’85 risulta, però, denso di ironia e i momenti e personaggi sarcastici e grotteschi nella narrazione. Indimenticabile, a tale proposito, la figura del direttore di Radio Felicità e il suo, a dir poco inconsueto, rito del mojito. Da sottolineare, poi, lo stile di scrittura di Simone Costa, davvero personale e lontano dalla secchezza e dal taglio cinematografico oggi per lo più imperante – stile quest’ultimo, forse non a caso, riservato ai testi del programma radiofonico – ma capace invece non solo di scavare a fondo nell’interiorità dei protagonisti ma anche di gestire con eguale efficacia i momenti drammatici come quelli comici e grotteschi.