Un figlio a Roma e uno a Milano, un nipote a Berlino e un cugino a Parigi, la sorella a New York, i nonni in Abruzzo, la mamma a Bari, il padre a Napoli, la mappa contemporanea degli affetti e delle parentele è sempre più sparsa per il mondo e, di conseguenza, transumante. Questo spezzatino familiare rende più complessa di un tempo la gestione del Natale e relativa vigilia, nel senso che ogni anno e a ogni fidanzato, marito o nipote aggiunto o espatriato ricompare il dilemma: da chi andiamo la vigilia? Con chi mangiamo il giorno di Natale? Essendoci pure santo Stefano, se i chilometri di separazione sono pochi, molti risolvono la faccenda trascorrendo il 24 da uno, il 25 da un altro, il 26 da un altro ancora. Ma se le distanze sono importanti, i piani vanno rivisti e allora cominciano lunghe trattative e accordi preliminari.

L’ANNO scorso ci si è riuniti tutti a Palermo? Beh, quest’anno toccherebbe ai siciliani raggiungere la figlia a Torino, anche perché nel frattempo si è sposata e, accidenti, pure la famiglia del nuovo consorte avrebbe diritto di avere il figlio a tavola nella festa più familiare dell’anno. Ma se mamma e papà salgono, poi restano orfani, sebbene per poco, gli altri figli e i nipoti. E se facessimo che lei viene giù e lui resta su? Ma sei matto? Vuoi separare una giovane coppia al loro primo Natale? Se poi arriva un nipote, il rompicapo si infittisce. A quali nonni dare la precedenza? Quelli materni o quelli paterni? Una soluzione molto praticata è la rotazione solare, e cioè un anno da uno, un anno dagli altri, sempre che nel frattempo non sia arrivata una separazione, la qual cosa comporta la spartizione del pargolo fra case e parentele per non scontentare nessuno.
Nei giorni che hanno preceduto questo Natale ho sentito un po’ di storie diverse. Un giovane uomo che comprava chili di cime di rape e frutta secca al mercato, a Milano, ha informato il fruttivendolo che quest’anno a Natale sarebbe andato dal figlio a Bologna e quindi, non potendosi spostare, tutta la sacra famiglia sarebbe arrivata da Bari e in anticipo, ovvero il 22, in modo da poter tornare giù per le date fatidiche. Non ha detto che cosa avrebbero portato i genitori dalla Puglia, ma scommetterei, sicura di vincere, che in valigia c’erano più orecchiette fatte in casa che abiti.
La libraia del mio quartiere ha invece una vasta famiglia di origine valtellinese con mamme, zie e zii piuttosto agé che ogni anno arrivano da valli e città lombarde a riunirsi nella metropoli. Anche loro, per permettere ai vari rami di festeggiare il Natale con la famiglia ristretta, hanno anticipato la grande riunione di sorelle e fratelli la domenica prima delle feste. Il problema della libraia è che, gestendo un’attività commerciale che tiene aperto ogni giorno e a orario continuo, lei e le figlie non potevano recarsi tutte insieme a tavola e così hanno fatto i turni. Una è andata agli antipasti e al primo, una ai secondi, la terza al dolce – «Tanto – ha detto la libraia – si mangia così tanto che una portata è più che sufficiente». Ma chi cucina? le ho chiesto. «Mia madre e le sue sorelle che arrivano due giorni prima per fare la spesa, tirare la sfoglia e fare tutto il resto». Ah, i ginecei culinari, che meraviglia. Il vantaggio di questi appuntamenti anticipati è che, non dovendo rispettare il mangiare di magro che sarebbe d’obbligo la vigilia, si può cucinare quel che si vuole, anche la carne. LO

SVANTAGGIO è che i pranzi montano come la panna diventando una catena che dura una settimana, se non più.
Chi non ha da risolvere la questione logistica perché parenti e discendenti vivono nel circondario, deve spesso affrontare quella spaziale, nel senso che più i componenti aumentano più serve una casa capiente perché un conto è mettere a tavola dieci persone, un altro ventiquattro come capita alla segretaria del mio osteopata. Per fortuna una delle sue sorelle abita fuori Milano, dove le case costano meno e quindi ci si può permettere villette con taverne e ampi soggiorni. Aggiungono al tavolo principale qualche cavalletto sormontato da assi, ogni famiglia prepara una portata e la cosa è risolta, con grande gioia della segretaria cui quest’anno sono toccati solo gli antipasti.

È UN problema che non ha una mia amica le cui figlie vivono a Los Angeles con i rispettivi mariti, uno italiano e l’altro scozzese, e relative figlie. Per loro il Natale è via Skype. È il destino di chi emigra lontano. Il problema si presenterà fra un anno per una di loro che da marzo si trasferirà a Zurigo. Dove andranno il prossimo Natale? In Scozia dai genitori di lui, in Italia da quelli di lei, tutti quanti a Zurigo o tutti quanti a Los Angeles? Si fa presto a dire «Natale con i tuoi, Pasqua con chi vuoi». Il problema oggi è capire dove stanno i tuoi.