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La transizione è fotovoltaica ma il gas resiste

La transizione è fotovoltaica ma il gas resiste

Energie Il superbonus per l’efficientamento energetico delle abitazioni non ha ridotto i consumi di gas. La soluzione è sostituire le caldaie di 17,5 milioni di case che ancora utilizzano l’energia fossile

Pubblicato più di 2 anni faEdizione del 7 aprile 2022

Non bastano i «cappotti» (termici) a ridurre in modo consistente i consumi di gas per il riscaldamento delle abitazioni. Serve accelerare sull’elettrificazione dei consumi, cioè sulla sostituzione delle caldaie a gas con pompe di calore, da supportare con il fotovoltaico. E bisogna farlo su 17,5 milioni di abitazioni in Italia ancora riscaldate con il gas naturale, costituito principalmente da metano, un gas serra che dobbiamo tagliare del 34% entro il 2030 e del 50% entro il 2050 se vogliamo contenere il riscaldamento globale entro 1,5°C, come ammonisce il più recente Rapporto Ipcc pubblicato lunedì.

QUESTA NECESSITA’ E’ EVIDENZIATA, numeri alla mano, da uno studio di Elemens realizzato per Legambiente e Kyoto Club realizzato nell’ambito di una campagna per la decarbonizzazione degli edifici: per quanto siano stati fatti importanti passi avanti sul fronte dell’efficientamento, il Superbonus 110% (26,6 miliardi di detrazioni concesse a fronte di 139 mila asseverazioni depositate al 31 marzo) e altri Bonus casa hanno inciso poco sul consumo di gas perché gli sgravi fiscali vengono concessi anche a chi installa caldaie a gas a condensazione che, per quanto più efficienti, sono pur sempre alimentate da un combustibile fossile. Elemens ha calcolato che, elevando al 3% il tasso annuo di riqualificazione degli edifici e installando 1 milione di pompe di calore (300 volte più efficienti delle caldaie a gas), si potrebbero risparmiare entro il 2030 circa 8 miliardi di metri cubi di gas, che rappresentano il 20% delle importazioni del gas russo.

INCENTIVARE L’EFFICIENTAMENTO energetico (cappotto interno o esterno, sostituzione dei serramenti, ecc) sempre accoppiato alla elettrificazione dei consumi, due facce della stessa medaglia, consente un triplice beneficio: taglio di bolletta, taglio alla dipendenza dal gas russo e taglio alle emissioni climalteranti. «Non c’è dubbio che una misura come il Superbonus 110% sia stata di sostegno allo sviluppo del fotovoltaico nelle abitazioni – dice Francesco Ferrante vicepresidente di Kyoto Club – In una fase in cui erano esauriti tutti gli incentivi, ha consentito, anche grazie allo sconto in fattura, di realizzare diversi impianti nei condomini, oltre a sostenere nel complesso il comparto dell’edilizia. Ovviamente, in questo momento risente delle difficoltà degli ultimi mesi: i continui cambi delle regole hanno determinato un rallentamento importante e questo ha penalizzato anche il fotovoltaico. L’auspicio è che alcune forme di detrazione diventino strutturali per poter prolungare nel tempo la riqualificazione energetica degli edifici».

LA RIFORMA DRAGHI CHE PREVEDE LO STOP alle detrazioni per le abitazioni unifamiliari entro giugno secondo Ferrante «sarà dannosa per il fotovoltaico, perché proprio sui tetti unifamiliari è più facile installare pannelli e avviare forme di auto-produzione, mentre sappiamo che nei condomini le cose sono un po’ più complesse perché non sempre i pannelli sono sufficienti a soddisfare i consumi». In compenso, il governo ha introdotto semplificazioni nelle autorizzazioni per i pannelli fotovoltaici la cui installazione sulle abitazioni viene equiparata a manutenzione ordinaria, naturalmente dove non esistono vincoli.

SI TENTA COSI’ DI ACCUMULARE IL RITARDO accumulato dall’Italia, il paese del sole, nello sfruttamento dell’energia solare nelle abitazioni: secondo Rystad Energy, negli ultimi 5 anni le installazioni fotovoltaiche sui tetti sono cresciute nel mondo del 64% (da 36 a 59 GW dal 2017 al 2021), spinte dal grande balzo della Cina e dalle politiche pubbliche incentivanti adottate in vari paesi che si sommano al calo del costo degli impianti, diminuito fino all’85% in dieci anni. Sono Australia, Germania e Giappone i paesi con la più alta incidenza pro-capite di installazioni di fotovoltaico residenziale.

«SE GUARDIAMO AI DATI EUROPEI, scopriamo che persino paesi come Belgio, Olanda e Polonia fanno meglio di noi – dice Andrea Brumgnach, vicepresidente di Italia Solare, associazione per la promozione del fotovoltaico – Questo ci deve far riflettere su meccanismi incentivanti che non distinguono tra interventi diversi nella centrale termica: per esempio, le pompe di calore geotermiche possono costare più dei massimali ammessi a detrazione, mentre le caldaie a gas a condensazione costano molto meno. Dal momento che la logica del Superbonus è avere tutto gratis, perché il cittadino dovrebbe metterci un po’ di soldi in più? Anche se nel lungo periodo, i risparmi sarebbero consistenti».

PER ITALIA SOLARE LO STIMOLO alla diffusione del fotovoltaico nel residenziale passa attraverso incentivi ai sistemi di accumulo, lo sviluppo delle comunità di energia rinnovabile di cui si attendono i decreti attuativi, e una generale semplificazione burocratica e chiarezza normativa. Nello specifico del Superbonus, la quantità di interpelli rivolti all’Agenzia delle Entrate ha superato le 800 unità solo nel 2021, rendendo la norma altalenante di settimana in settimana a causa del succedersi delle interpretazioni delle regole. Con queste incertezze ha dovuto fare i conti anche il settore pubblico alle prese con l’efficientamento energetico del suo patrimonio residenziale, leggi case popolari.

TRA I GRANDI COMUNI, SOLO MILANO e Bologna sono riusciti per ora a far partire grandi appalti per accedere alle agevolazioni del Superbonus. Nella città metropolitana di Bologna, l’Acer (Azienda casa Emilia Romagna) prevede lavori in circa 110 edifici, 40 dei quali nel capoluogo, per una spesa di 57 milioni di euro. I cantieri saranno approntati nelle prossime settimane. «Non toglieremo il gas – spiega il direttore tecnico di Acer, Antonio Frighi – ma realizzeremo comunque risparmi del 50% grazie ad un doppio salto di classe energetica ottenuto con la realizzazione del cappotto e la sostituzione degli infissi. Il tutto senza far uscire gli inquilini dalle loro abitazioni».

IN UN ALTRO GROSSO INTERVENTO programmato nel quartiere Cirenaica, a ridosso del centro storico, dove si interviene anche per il miglioramento sismico, invece verranno installate pompe di calore autonome accoppiate con impianti fotovoltaici e sarà possibile eliminare il gas per il riscaldamento. In questo caso, però, gli inquilini, 136 famiglie, dovranno uscire dagli alloggi. «Per consentirci di installare il fotovoltaico la Soprintendenza ha dovuto fare un’interpretazione permissiva del quadro normativo, dopo un’interlocuzione con il Mibact. Insomma, ci hanno fatto un favore, se così si può dire» chiosa Frighi.

INSERIRE IL FOTOVOLTAICO NEI CENTRI storici è una sfida quasi impossibile. Al comune di Bologna, nell’ufficio ridenominato dal 1 marzo «della Transizione ecologica e del Clima», per estendere le fonti rinnovabili dove i pannelli non si possono installare si sta pensando di intervenire sui vettori energetici. «Con Hera, la multiutility locale, stiamo cercando di estendere la rete di teleriscaldamento recuperando il calore dall’inceneritore e questo consentirà di spegnere molte caldaie a gas – spiega il dirigente Claudio Savoia – mentre dal depuratore di Bologna pensiamo di ricavare biogas da mettere in rete. Nella riqualificazione del patrimonio pubblico, per dare il buon esempio e per innescare meccanismi trainanti del mercato locale, ci siamo dati obiettivi ancora più forti, orientati a edifici a zero emissioni o addirittura a energia positiva, come sarà per il quartiere della Fiera».

PER ACCELERARE SULLA decarbonizzazione degli edifici, il comune di Bologna richiede anche ai privati di essere particolarmente virtuosi: nella pianificazione urbanistica ha stabilito prestazioni energetiche più ambiziose di quelle minime previste dalla legge sul Superbonus. «Per chi interviene anche sull’impianto termico, noi prescriviamo prestazioni energetiche assolute, non relative. Chiediamo cioè di fare il meglio possibile, non il minimo indispensabile richiesto dalla normativa – sottolinea Savoia – Si tratta di un passaggio culturale, che noi crediamo sia dovuto, dal momento che con le detrazioni c’è una socializzazione dei costi».

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