Il 15 aprile 2013 due bombe esplodono nei pressi del traguardo della maratona di Boston. L’attentato provoca tre morti e centinaia di feriti. Tra questi, Jeff Bauman si salva perdendo però entrambe le gambe. David Gordon Green dalla sua vicenda ha tratto un film, Stronger – Io sono più forte.
Come in altre  narrazioni dal contenuto analogo, viene da chiedersi se la vittima di un attentato possa essere considerata un eroe. In altre parole, chi ha subito le conseguenze di un’azione di cui non è partecipe, può trasformarsi realmente in un esempio per gli altri?

Domande che sembrano irrispettose nei confronti di chi è morto o ha subito gravi mutilazioni dopo l’esplosione di un ordigno pensato per uccidere una massa indefinita di individui. Eppure, è proprio in quell’orrenda intenzione che non si dà la possibilità della presenza di un eroe. In un attentato terroristico gli assassini hanno un’identità indefinita, sono carnefici che si nascondono tra gli altri. Allo stesso modo, le vittime compaiono alla fine di tutto, colpevoli, se così si può dire, di essersi trovati nel luogo e nel momento sbagliato.
La loro mancanza di iniziativa e, al tempo stesso, la loro indicibile tragedia sarebbero fonte per una profonda riflessione esistenziale sull’essere in questo mondo, ma David Gordon Green preferisce consegnare questa storia al potere della retorica più superficiale.