Giano, il nome del molo nel quale si è consumata l’ultima tragedia del porto genovese, con sette morti accertati, quattro feriti e mentre scriviamo, ancora due dispersi tra le macerie, secondo quanto accertato dalla Guardia Costiera, è un nome inciso nella storia della città di Genova. Secondo alcune leggende sarebbe l’origine del nome stesso della Superba. Oggi è di nuovo teatro di un incidente fatale, maledetto, che rovista e scruta nell’anima stessa dell’antica Repubblica Marinara, colpendola al cuore, a quanto di più ha sacro: il porto. Il palco con cui Genova si presenta al mare, per poi nascondersi sulle alte: luogo di contaminazione sociale e di duro lavoro, simbolo dell’anima genovese, fatta di fatica, chiusura, mugugno e straordinaria commistione umana.

Genova tutta, però, ha vissuto una notte d’angoscia, con un risveglio fatto di notizie tragiche: una nave cargo, la Jolly Nero dell’armatore Messina, nell’ambito di una normale manovra di uscita, ha schiantato la Torre piloti, struttura di 55 metri eretta nel 1997. Un edificio di vetro e cemento, quartier generale del traffico marittimo, della Capitaneria di Porto; controllore supremo del porto, tanto da guadagnarsi l’appellativo de «l’altra Lanterna».

Qualcosa che si avvicinava dunque al simbolo per antonomasia di Genova. Rasa al suolo dal peso delle centinaia di tonnellate della nave cargo, proprio nel momento, le 23 circa, in cui c’era il cambio del turno, l’attimo di massimo traffico umano all’interno dei 165 metri di superficie della sala controllo.

Il porto di Genova si è fermato e lo farà fino a oggi, ci sono state manifestazioni spontanee da parte dei camalli, i muscoli e le schiene dell’attività portuale di Genova, in solidarietà con i «tecnici» morti e colpiti dalla tragedia con cui hanno condiviso la stessa terra lavorativa in cui gli incidenti – compresi quelli mortali – sono ancora troppi.

La città di Genova, per voce del suo sindaco Marco Doria, ha annunciato per oggi una giornata di lutto cittadino. «Tragedia terribile, anche perché ha colpito il porto, il cuore della città, e perché le vittime sono persone che svolgevano il loro lavoro», ha sospirato il sindaco in conferenza stampa. «Siamo disperati», ha detto invece Stefano Messina, l’armatore.

C’è poi chi il disastro lo ha visto dall’inizio: Gian Enzo Duci, presidente della Asso Agenti, l’associazione degli agenti marittimi, suo malgrado è stato colui che ha dato il via alla notizia giornalistica. Abita di fronte al molo, lo vede bene. Abituato a chiudere le persiane con la vista sulla Torre Piloti, nella sera di martedì, in un gesto pur distratto, abituale, si è accorto che qualcosa non andava: «C’era la nave al posto della torre. Ho avvisato alcuni amici giornalisti locali, erano le 23 e 20».

Per chi è solito vedere manovre ogni giorno, più volte, notare la nave uscire in quel modo dal porto ha costituito un’altra stranezza: «La manovra è parsa anomala, di solito non viene effettuata in quel modo». Già perché la nave ha compiuto il movimento in retromarcia e nel momento di andare avanti, è scivolata senza freni, fino a colpire e frantumare la torre dove stavano lavorando 13 persone tra cui dieci militari della Guardia costiera e tre civili, operatori portuali. Primo dubbio: perché era lì? Per molte persone che si muovono nei pressi del porto è stata la domanda chiave.

Secondo un ufficiale di polizia che è giunto sul posto insieme al Procuratore Capo di Genova, Michele Di Lecce, la risposta è chiara: «C’è una banchina in fase di riempimento, questa è la causa della manovra». La Jolly Nero, infatti, era solita partire da una banchina ora in rifacimento. Non era stato dello stesso avviso Luigi Merlo, presidente dell’autorità portuale, che aveva spiegato ai cronisti: «Le condizioni meteo erano perfette, mare calmo, perfetta visibilità e assenza di vento. Ogni anno nel porto di Genova arrivano oltre 6mila navi e ne partono altrettante. Questa operazione viene ripetuta circa 14 mila volte. È inspiegabile. Quella nave non doveva essere lì».

Ancora poche certezze sulle ragioni dello schianto. La procura di Genova ha aperto un fascicolo per omicidio plurimo colposo e ha indagato il comandante, Roberto Paoloni, 63 anni, di Roma ma residente a Genova, che si è valso della facoltà di non rispondere, e il pilota. Tra le cause ipotizzabili si parla di un’avaria dei motori. Come emergerebbe dai colloqui via radio: alla domanda del comandante del rimorchiatore Spagna – «Non c’è più acqua, che fate?», indicando che la nave si trovava troppo a ridosso del molo – il pilota risponde: «Non ho la macchina», per dire che non entrava la marcia avanti. Non sono esclusi, secondo la Procura, altri reati e indagati.

La «scatola nera» è già nelle mani degli inquirenti e da lì potrebbero arrivare risposte più concrete. «Stando a quanto sappiamo – racconta Silvano Ciuffardi, il vice console della Compagnia Unica Lavoratori Merci Varie – la nave aveva tutte le norme di sicurezza, c’erano i rimorchiatori, i piloti. Sembra una questione che esula dalle norme di sicurezza o da questioni legate al lavoro nel porto».

Il problema è che la nave fa parte della flotta Messina, già finita nell’occhio del ciclone. «Questo tipo di navi viene ispezionata molto spesso, la Jolly Nero è stata ispezionata l’ultima volta solo due settimane fa, in Spagna, il 2 maggio. L’unica nota riportata era una mancanza burocratica», racconta Gian Enzo Duci che si chiede: «Può l’ispezione non prevedere l’avaria di un motore?». Pare di sì. Un dubbio resta ancora, ovvero cosa trasportasse la nave. Secondo Duci, vista la rotta (Genova-Napoli-Port Said, in Egitto): «È una nave cargo, nei container poteva esserci ogni genere di merce che viene poi consegnata ai porti di arrivo».