Il titolo di questa raccolta di saggi – «Come ci siamo allontanati» Ragionamenti su Franco Fortini, a cura di Luigi Carosso e Paolo Massari, Arcipelago Edizioni, pp. 193 – richiama il primo verso di una poesia di Fortini dedicata al suo grande amico e altrettanto grande poeta, Vittorio Sereni. Vi emerge la lucida consapevolezza, di ascendenza insieme biblica ed hegelo-marxista, che i nostri destini, pur importanti e dialetticamente intrecciati, non si spiegano da soli, non si svolgono nell’autosufficienza del soggetto.

C’È «ALTRO» che ci determina, e questo «altro» è fondamentalmente la storia umana. Un insegnamento tenuto sempre fermo da Fortini e che proviene da uno dei suoi maestri, il poeta cattolico Giacomo Noventa, il quale affermava che la poesia non ha tutti i diritti e che bisogna cercare più in là.
Si tratta di uno dei massimi temi fortiniani in versi e in prosa, che attraversa in forme e qualità diverse gli otto saggi dedicati allo scrittore fiorentino in occasione del ventennale della morte (1994-2014). Essi nascono quasi tutti da una serie di interventi, coordinati da Paolo Giovannetti, svolti nella Libreria popolare di via Tadino a Milano.

Ezio Partesana su Adorno, Emanuele Zinato su inconscio politico e autobiografia, Filippo Grendene sul saggismo, Luigi Carosso sul surrealismo, Elisa Gambaro sul poeta, Alessandro La Monica su Foglio di via (la prima raccolta poetica di Fortini), Luca Daino sul giovane Fortini ed Ennio Abate su Fortini collaboratore del manifesto, indagano da prospettive diverse e con diversi strumenti critici la «totalità concreta» di un poeta e di un critico-saggista tra i massimi del Novecento. (Per una analitica recensione del libro, il rinvio è al testo di Francesco Diaco, apparso sull’Ospite ingrato on-line, la rivista del Centro Studi «Franco Fortini» di Siena (www.ospiteingrato.unisi.it).

LA «TOTALITA’» DI FORTINI, cioè la sua capacità di parlare simultaneamente di un verso di Tasso e di un contadino cinese, ha sempre indispettito e reso sospettosi i politici e i letterati: i primi vedevano e vedono in Fortini un intruso dilettante, i secondi un fastidioso salmista. Questa commistione di saperi e linguaggi è, in realtà, la forza del poeta fiorentino e fa ben sperare che tanti giovani studiosi – come testimonia anche questo libro – oggi siano attratti proprio dal potente allegorismo di Fortini.

CON IL PASSARE degli anni sembra tuttavia mostrarsi la forza della poesia di Franco Fortini. In quel manierismo a un tempo gioioso e ostile risiedono forse le cose più importanti che egli ha voluto trasmettere. Di alcune verità neanche lui era consapevole e certo, di alcuni versi neanche lui sapeva che cosa volessero esattamente dire. E valorizzare il Fortini poeta, come ha fatto con acume Giovanni Raboni, non vuol dire oscurarne la dimensione politico-ideologica. Anzi. Dal calibratissimo filtro metrico, dalle molteplici forme sperimentate nella poesia emerge la forza concettuale del suo inquieto marxismo.
Vorrei concludere con una testimonianza del critico Stefano dal Bianco riportato nel saggio della Gambaro: «La verità è che Fortini è un mare. Sotto qualunque aspetto lo si visiti è fagocitante. Ti tira dentro». A queste parole la Gambaro aggiunge un sensato commento: «Questo corpo a corpo tende a ripetersi con tutti gli autori davvero grandi con cui avviene di confrontarsi criticamente». Si tratta di un auspicio importante, che ci invita a quella «fatica del concetto» da cui troppi globe trotter della cultura oggi si sono allontanati.

 

Vittorio Sereni

I versi per marcare una distanza

di Franco Fortini

Come ci siamo allontanati./ Che cosa tetra e bella.
Una volta mi dicesti che ero un destino./ Ma siamo due destini.
Uno condanna l’altro./ Uno giustifica l’altro.
Ma chi sarà a condannare/ o a giustificare / noi due?