Più che generare chiarezza sulla questione dei migranti, la «retromarcia» di Trump sulla separazione di bambini e genitori ha semmai seminato ulteriore caos nella già convulsa situazione ai confini. Il ministro della giustizia Sessions, che nega ora di aver egli stesso istituito la normativa che fino a ieri propugnava, chiede alle corti federali il permesso di imprigionare le famiglie al completo. Dato che una precedente sentenza vieta la reclusione di migranti minori oltre i 20 giorni, l’amministrazione avrebbe infatti bisogno di una nuova sentenza che autorizzi l’incarceramento famigliare ad oltranza.

Pur non essendo per ora pervenuta una chiara direttiva il ministero della salute ha formalmente chiesto al Pentagono di predisporre ospitalità per 20 mila «minori non accompagnati». La tolleranza zero pone infatti il problema “tecnico” di rinchiudere migranti che vengono arrestati al ritmo di 1500 al giorno – un’operazione che sarà apparentemente militarizzata. La marina ha annunciato la requisizione di basi militari per ospitare 27 mila detenuti e il solo Camp Pendleton – enorme base di addestramento per marines fra Los Angeles e San Diego – si appresterebbe a internarne ben 47 mila.

Al rialzo anche le quotazioni del settore delle prigioni private: aziende come Geo Group, Core Civic e Corrections Corporation of America – tutte forti sostenitrici di Trump – gestiscono già per il 60% il florido settore dei Cie grazie al recente stanziamento federale di 2 miliardi di dollari per gli appalti privati.

Ai confini prosegue la processione di parlamentari, soprattutto democratici, in visita a centri di detenzione per incontrare madri affrante, senza più notizie dei figli a loro sottratti. Questi sarebbero ancora attorno ai 2 mila, sparsi in località non meglio precisate del paese, apparentemente senza documentazione sufficiente a rendere agevole le riunificazioni con genitori in alcuni casi già rimpatriati. Nella migliore delle ipotesi un processo che potrà impiegare molti mesi.

Nel fine settimana ci sono state proteste e presidi davanti a molti centri di detenzione, da Otay Mesa, vicino al varco di Tijuana a Tornillo in Texas. Un gruppo denominato Occupy Ice ha iniziato un accampamento davanti all’edificio del servizio di immigrazione di Los Angeles. Sindaci di molte città come New York e Los Angeles hanno aperto indagini per trovare eventuali bambini migranti spediti nelle loro giurisdizioni. Domenica è stato rivelato che agenti di frontiera hanno promesso a migranti detenuti di restituire loro i figli se avessero firmato un «rimpatrio volontario», usando i minori sostanzialmente come ostaggi.

Ostaggi politici sono anche gli 800 mila studenti e giovani del «Daca», portati nel paese da bambini, a cui Trump aveva revocato l’amnistia. Il presidente afferma che se i democratici non sosterranno il disegno di legge che autorizza il muro di confine, anche questi Americani a tutti gli effetti verrebbero deportati. La legge potrebbe andare al voto questa settimana con scarse possibilità di passare per l’opposizione democratica che ha indotto Trump a suggerire ai senatori repubblicani di «non perdere ulteriore tempo».
Come di consueto d’altronde il presidente sembra prestare più attenzione ad attizzare il contenzioso permanente su Twitter che a formulare una policy. Lo ha fatto anche con l’ennesima fuga in avanti, scrivendo: «Deportiamo tutti senza bisogno di magistrati!» un operazione di dubbia legittimità costituzionale che si presterebbe a sicuri abusi e che riporta la retorica ai livelli che il secolo scorso produsse campi di prigionia per giapponesi e deportazioni di massa per ispanici dalla California.

È l’ultima provocazione nell’imperante teatro della crudeltà politica che mira soprattutto a fabbricare un emergenza per consolidare i consensi della base elettorale in vista delle elezioni mid term. Come ha affermato lo stesso presidente: «I democratici vogliono strumentalizzare la questione immigrati contro di me – a me va benissimo!». Le prossime elezioni parlamentari dovranno dimostrare se, in America almeno, prevarrà l’indignazione popolare per i soprusi o se, come affermano Trump e Bannon, sulla questione identitaria il trumpismo è imbattibile.