Tre video, si trovano tutti in rete. Neil Young and The Promise of Real alle Hawai, senza palco. La terra è rossa, qualcuno sta coltivando. Una bambina ascolta da vicino, altri si aggirano intorno e c’è uno striscione: «Plant Solution. Outgrow Monsanto!».

STANNO SUONANDO per i contadini, per gli attivisti locali che protestano contro la monocultura Ogm delle ananas, il concerto è un concerto militante; in altri video, dello stesso giorno – i campi e le pendici del vulcano di Maui sono le stesse – si vedono il rocker canadese e i suoi musicisti mischiati alle persone mentre piantano palme. Neil Young è decisamente più bravo con la chitarra e la voce che come coltivatore, e meno male. L’atmosfera è distesa, siamo nel 2016, è uscito il suo concept album Monsanto Years, interamente dedicato alla tematica dell’impatto degli Ogm sui campi, sulla salute, sulla trasformazione del contadino in appendice senz’anima della multinazionale. Monsanto si infuriò e chiese ai tribuil ritiro di quell’album. Non ci riuscì e quello rimane il contributo artistico da parte di un leone, icona mondiale della musica, geniale trovatore di parole e note. Tutto il movimento mondiale dei seedsavers – quanti nel mondo si battono per recuperare le sementi che nel disco sono definite heirlooms seeds, semi dell’eredità – le sementi tradizionali, ha trovato il proprio cantore e questo è certamente l’inno che tutti cercavano.

IL SECONDO VIDEO. HA PIOVUTO, i campi sono zuppi d’acqua, le scarpe dei braccianti africani nel ghetto di Rignano, nel foggiano, sono impastate di terra, terra che tracima anche sul piccolo palco. Baba Sissoko, accompagnato da Nicodemo e Lilies on Mars, suona e canta. Le sue parole forti, gridate all’inizio del concerto, siamo in settembre, alla fine della raccolta del pomodoro, chiedono ad alta voce dignità, rispetto, libertà. Rispetto delle tradizioni di tutti i popoli, chiedono pace, la fine dello sfruttamento. La musica tradizionale del Mali, gli strumenti antichi mescolati alle note moderne del jazz, del blues, strumentazioni elettriche. Una folla di lavoratori balla, scatta foto, chi ha organizzato questo concerto, vero happening, Radio Ghetto, Rural Hack, Funky Tomato, racconta di aver molto penato per poterlo realizzare.

COINVOLGERE BABA SISSOKO è stato naturale. Il griot assurto alla celebrità mondiale per la sua musica, collaboratore dell’Art Ensemble of Chicago, di stelle del calibro di Dee Dee Bridgewater, rivela da sempre nella sua musica una vena forte, una radice collegata con la terra, il cibo, l’agricoltura, attraverso la trasmissione orale che gli è pervenuta da suo padre e suo nonno.

IL TERZO VIDEO E’ GIRATO A ROSSANO Veneto, in un orto, tra bambini, ragazzi felici, in mezzo alle verdure riparate dal sole con la paglia, caratteristica della lavorazione in permacultura. Siamo nell’Orto Sinergico di Rossano Veneto. Luca Bassanese ha ambientato qui il suo videoclip per la canzone Datemi un orto. Cantautore impegnato da sempre sui temi del sociale, dalla lotta alle mafie, alla difesa dell’ambiente, ha voluto dedicare queste note agli orti sociali e condivisi che in Italia e nel mondo, coniugando buone pratiche rispettose del suolo ed inclusione di soggetti svantaggiati, fanno rivivere la socialità nel luogo. Fare l’orto per guarire gli uomini curando la terra. Sua, di concerto con Jacopo Fo, anche una canzone contro gli Ogm

DI RECENTE, NEGLI ULTIMI ANNI, sono usciti veri e propri manifesti, limitandoci alla sola scena culturale italiana, che hanno oltrepassato i recinti dell’accademia ed hanno raggiunto con successo un pubblico più vasto. Prima Stefano Mancuso, adesso Emanuele Coccia, ci hanno spiegato il legame indissolubile tra il mondo delle piante e noi. Eppure, se certa saggistica di alto livello è certamente benvenuta, avere contezza dell’importanza della musica come veicolo di idee, di stili di vita più rispettosi della terra, è fondamentale.

MANU CHAO HA SCRITTO Seeds of freedom ed ha messo a disposizione di quanti operano per la biodiversità dal basso nel mondo, uno strumento potente. Un sito che raccoglie notizie, eventi, manifestazioni che in qualunque modo possano aiutare il movimento dei seedsavers.

Se – possiamo immaginarlo – Neil Young negli Stati Uniti è venuto a conoscenza della tematica Ogm per la presenza negli Usa di due distinte organizzazioni di salvatori di semi, ciascuna contando sui venticinquemila soci, certamente ha saputo trasformare il discorso facendolo proprio con la sua musica. Bersaglio del suo album è non solo Monsanto, chiamata per nome e con tanto di logo presente sulla copertina, ma anche catene commerciali come Starbucks e Safeway .

NEIL YOUNG FA DI PIU’: con i suoi versi attacca direttamente il green washing perverso, la logica da Mulino Bianco che traveste la trasformazione dell’agricoltura in attività estrattiva, dove il contadino non è che un operatore esecutore di logiche altre dal procurare il pane quotidiano per sé e la propria famiglia. Si tratta di un disco potente, non ha avuto lo stesso successo degli altri capolavori perché facilmente immaginiamo le pressioni sui media ricattati dalle multinazionali in oggetto che potevano far mancare la pubblicità. Leggendo le recensioni degli addetti ai lavori si percepiva la pesantezza di tale bavaglio.

Abbiamo un documento, oltre alle parole calde e sincere di Baba Sissoko. Se Neil Young ha cantato i misfatti della Monsanto, il griot maliano nel suo brano e nei suoi scritti, in particolare in Tchi wara racconta della sua vita. Meriterebbe di essere trascritto interamente. Tchi wara era il modo con cui venivano nominati i «leoni dell’agricoltura», ovvero nel corso della Festa del Raccolto che era la più importante del villaggio, venivano insigniti di una maschera rituale e questa maschera raffigurava il genio della fertilità. Perché, sono parole sue, chi coltiva di più, chi sa ottenere dalla terra il frutto non lo fa solo per sé ma per la comunità intera. Nel villaggio tradizionale era la condivisione il linguaggio comune a tutti.

BABA SISSOKO, EREDE DI UNA FAMIGLIA di griot – memoria storica di un popolo oltre che interpreti, musici, attori e indovini nati nei villaggi – ricorda che in caso di carestia o di mancanza d’acqua, provvedeva la solidarietà di quello vicino. Stiamo parlando di uno spirito collegato alla terra, di una visione del cibo che è una cosa sola con il mito e le grandi narrazioni, del cuore di un’Africa che ritmava le stagioni con le voci e le percussioni.

Il legame tra gli artisti e i contadini sta nelle canzoni che cantano la terra e nell’appoggio che molti tra loro danno ai movimenti che si battono per sementi libere e per liberare la terra da oppressioni mercificanti. Non era un cantante, era un sindacalista, Gang e Nomadi gli hanno dedicato ballate, era Chico Mendes. Diceva «un ecologismo che non si ponga il problema del rapporto tra l’impatto della distruzione operata dal capitale sia sull’ecosistema che sugli uomini è solo giardinaggio».

AUSPICHIAMO CHE IL MONDO della musica ci regali molte altre canzoni. La terra canta. Cantano i fiumi. Tuonano percussioni potenti, i temporali. Perché, come canta Luca Bassanese «quando piove tutti cercano riparo tranne gli alberi che hanno altro a cui pensare».