Iniziata producendo giochi di carte alla fine del 1800, attività che peraltro dura ancora oggi, nel corso dei decenni l’avventura della Nintendo si è sviluppata trasformandosi dapprima in compagnia produttrice di giocattoli, negli anni sessanta, ed infine, verso la metà del decennio successivo, in azienda di videogiochi. Dagli anni ottanta la Nintendo è diventata così una delle maggiori e più famose compagnie di videogames, inventando personaggi e giochi che hanno fatto la storia del settore come il Game Boy, Super Mario, il DS ed il Wii. L’ultimo nato dalla compagnia con sede a Kyoto è il Nintendo Switch, un ibrido tra una console casalinga ed un gioco portatile, uscito in Giappone alla fine del 2016 e nel resto del mondo circa un anno fa, prodotto che ha risollevato le sorti dell’azienda dopo un periodo abbastanza difficie.
Da alcune settimane a questa parte le televisioni giapponesi stanno bombardando gli spettatori con le pubblicità di Nintendo Labo, un nuovo progetto legato allo Switch che uscirà nell’arcipelago il 20 aprile, in Italia il 27. Si tratta di una nuova linea di «giocattoli» fai-da-te e componibili, Toy-Con, realizzati interamente in cartone da attaccare allo Switch stesso o alle due joypad, le pulsantiere per i comandi.

Per ora il 20 aprile saranno disponibili solo una manciata di accessori quali una canna da pesca, una macchina, una moto, una casetta, un pianoforte ed una sorta di esoscheletro. Stando alle immagini diffuse dalla televisione ed in rete quello che sembra impressionare di più, anche quello più complesso da realizzare probabilmente, è il piano, si acquista il kit con i cartonati già formati, li si taglia, piega ed incastra formando lo «strumento», dopodiché inserendo la console ed i due joypad all’interno, si ottiene un piano di cartone perfettamente funzionante.
Al di là del successo o meno che questo progetto otterrà, è fuori luogo come si tratti di un tentativo di allargare il concetto di videogames al di fuori della solita cerchia in cui questo si muove. Lo scarto che l’azienda ha cercato di creare è simile a quello che avvenne con il lancio della Wii nel 2006, un gioco in cui si muove il corpo e si interagisce con lo spazio circostante più di quanto avviene rispetto alle altre console e che avvicinò al mondo dei videogame molti non appassionati. Con Nintendo Labo l’azienda sembra quindi voler estendere l’uso dei videogiochi verso contesti creativi, non che i videogiochi in se non lo siano già beninteso, quasi una sorta di Lego o di Meccano applicato ai giochi elettronici. Ancora una volta il concetto cardine sembra essere qui l’interazione con lo spazio circostante e la (ri)scoperta della manualità del gioco da costruire e creare.

Questa filosofia del gioco manuale da creare con materiali poveri è del resto abbastanza legata ad attività pratiche che si svolgono spesso negli asili e nelle scuole elementari del Sol Levante, dove con materiali riciclati quali bottiglie di plastica o scatole di cartone, ai bambini viene chiesto di realizzare dei piccoli lavori sfruttando la loro fantasia.
Certo i dubbi sull’utilità di Nintendo Labo si sono fatti sentire, in rete molti degli appassionati si sono già dichiarati contrari, in effetti l’idea è più rivolta a bambini o a chi di solito non gioca, senza contare poi che circa 50 o 70 euro «per un pezzo di cartone» faranno storcere il naso a molti. Detto questo però ci sembra che l’idea alla base sia molto poetica e che, anche nel fallimento, possa essere una buona occasione di aprire il mondo dei videogiochi verso l’esterno.

matteo.boscarol@gmail.com