Nuove violenze, minacce e il ritorno alle scelte in politica estera dell’era Mubarak segnano l’Egitto del dopo golpe. Il deposto presidente Morsi, detenuto in un luogo sconosciuto dallo scorso 3 luglio, avrebbe scritto alle Forze armate per chiedere, insieme alla sua famiglia, di lasciare il territorio egiziano. Morsi avrebbe anche rivolto un appello a tutti i manifestanti a lasciare le piazze. Secondo la stampa locale, il leader islamista chiederebbe poi il rilascio degli esponenti della Fratellanza detenuti. In un’intervista al manifesto lo scorso giovedì, il segretario di Libertà e giustizia, Mohammed Beltagi aveva rivelato che l’ex presidente è sottoposto a pressioni «fisiche e psicologiche» perché accetti il golpe. Ieri, otto alti dirigenti della Fratellanza sono stati trasferiti dal carcere di Tora a quello di massima sicurezza di Akrab, al Cairo, per timore di fughe. Fra i detenuti trasferiti ci sono anche Mahdi Akef, precedente guida suprema della Fratellanza, il leader carismatico, Khayrat al-Shater, e l’esponente salafita Hazem Abu Ismail. Nonostante questo, i sostenitori di Morsi al Cairo, hanno preferito adottare una sorta di attesa non violenta. Ma non è successo altrettanto nel resto del paese. A Mansoura si sono registrati gli scontri più violenti. Quattro donne sono state uccise e decine sono i feriti. Secondo Ahmad Eltoukhy, un testimone oculare, una marcia pacifica è stata presa di mira, vicino alla moschea Zareen, da criminali armati. Le donne sarebbero state circondate e spinte in una strada buia, colpite con coltelli e sfregiate con vetri taglienti.
La lunga notte di venerdì prima del sohur (la colazione che anticipa il digiuno di Ramadan) si è conclusa in piazza Tahrir e intorno al palazzo presidenziale di Heliopolis tra feste e canti. I fanous (lampade colorate di tradizione fatemide) illuminano le vie del centro. Mentre la commemorazione dei 40 anni dalla guerra del Kippur contro Israele, raccontata come la più grande vittoria dell’esercito egiziano, ha in parte placato gli animi degli islamisti. Sugli schermi delle televisioni pubbliche e private scorrono immagini di repertorio degli scontri più cruenti e degli armamenti moderni, usati nel 1973, mentre aerei volano a bassissima quota. I giovani rivoluzionari dirigono verso i velivoli centinaia di laser psichedelici, colorando di un verde incandescente gli aerei militari che sorvolano i cieli di notte. Artisti e cantanti si sono susseguiti sui palchi per ricordare che né uno stato islamico né uno stato militare ma un governo civile è il futuro dell’Egitto. Da queste piazze però l’intervento dell’esercito, che ha portato alla destituzione di Morsi, viene salutato con favore. «Quanto meno ha evitato un uso eccessivo della violenza e ha impedito uno scontro ancora più sanguinoso tra pro e anti Morsi», considera Hammar, noto graffitaro.
Nonostante le gravi condizioni di sicurezza, il valico di Rafah con la Striscia di Gaza resterà aperto per quattro ore di giorno per permettere il passaggio di aiuti e feriti. Mentre nuove violenze si sono registrate nel Sinai nelle ultime ore. Il ministro dell’Interno, Mohamed Ibrahim, ha denunciato la morte di almeno 11 militari negli scontri nella regione, seguenti alla deposizione di Morsi.
Dopo la delegazione arrivata dagli Emirati, ha avuto luogo ieri al Cairo la prima visita di un monarca della regione: il re Abdallah di Giordania. Il sovrano aveva accolto con favore la deposizione di Morsi (anche ad Amman il movimento dei Fratelli musulmani subisce continui arresti e intimidazioni). Contemporaneamente, il ministro degli Esteri Nabil Fahmy ha annunciato che riprenderanno le relazioni con il presidente siriano Bashar Al-Assad, gravemente incrinate dalle dure accuse mosse da Morsi al regime siriano e per il sostegno della confraternita egiziana ai Fratelli musulmani siriani. Assad è stato tra i primi a felicitarsi per il golpe militare in Egitto e a parlare di fine dell’Islam politico. Mentre si aggrava la crisi diplomatica con l’Etiopia in merito alla costruzione della diga della Rinascita che, secondo il Cairo, ridurrebbe la portata delle acque del Nilo in Egitto.