Con 8.060 casi registrati a mezzogiorno di ieri, 67 morti e una media di un migliaio di nuovi contagi al giorno, la Svizzera si trova a fare i conti con la dura realtà di un virus che non riconosce frontiere né neutralità. Valica le Alpi e attraversa il tunnel del Gottardo sui treni interni e transfrontalieri. Dal Ticino, la prima regione a essere investita, probabilmente per via dei 70 mila lavoratori lombardi che ogni mattina attraversano il confine per andare oltreconfine, il Covid-19 è esondato in tutto il Paese e ormai non c’è cantone, nemmeno i più interni e montagnosi – l’ultimo baluardo era l’Appenzello interno, una zona di montagne e villaggi – che non faccia registrare infezioni e focolai.

Quella che cambia è la reazione. Nella parcellizzazione di competenze e democrazia, ciascuno si sta regolando a modo suo, pur se il Governo federale è intervenuto a imporre a tutti lo stop a scuole, università e negozi. La presidente della Confederazione, Simonetta Sommaruga, sabato sera ha scritto un appello ai suoi concittadini, chiedendo loro di «restare a casa, se avete più di 65 anni o se siete ammalati» e di mantenere «le distanze con le altre persone».

Il problema vero, però, riguarda l’economia. Il Ticino, che ha le terapie intensive che esplodono, ha deciso ieri lo stop «all’italiana» di tutte le attività produttive non necessarie e dei cantieri, come chiedeva il sindacato Unia, scatenando la dura reazione di Swissmem, l’associazione di categoria delle imprese metalmeccaniche, che ha messo in discussione la legittimità della decisione poiché non arrivava dal governo di Berna. Quest’ultimo, ieri pomeriggio, ha parzialmente demolito la decisione ticinese, acconsentendo alle richieste degli industriali e precisando che il cantone può decidere solo «caso per caso» se non vengono rispettate le prescrizioni sulla «distanza sociale» negli stabilimenti.

L’esecutivo cantonale ha risposto sostenendo che il Ticino si trova in una situazione più grave rispetto al resto del Paese e per questo non può attendere. Viceversa, il cantone dei Grigioni ha risposto picche alla richiesta di chiusura di cantieri e fabbriche che proveniva dalle valli italofone.

Nonostante l’aumento vertiginoso dei casi a Zurigo e Basilea, nelle capitali svizzere della produzione, delle banche e delle multinazionali (comprese quelle della farmaceutica) il lavoro non si è mai fermato. Come in Italia, si è fatto appello a non organizzare grigliate nei parchi, presi d’assalto grazie alle belle giornate di sole e alla chiusura delle scuole, e sono stati vietati gli assembramenti di più di cinque persone. Ieri i sindacati hanno annunciato la sospensione delle manifestazioni del primo maggio, un «passo unico» nella storia svizzera.

Ci sono forti timori per la pur solida economia svizzera: televisioni e giornali parlano apertamente di recessione e di un forte incremento di disoccupati. Nel mese di marzo, 21 mila aziende hanno presentato domanda di «lavoro ridotto» per un totale di 315 mila lavoratori.

Secondo gli economisti dell’istituto Bak, con sede a Basilea, e della banca Ubs, la recessione globale dovrebbe tradursi, in Svizzera, in una diminuzione delle esportazioni di servizi, a causa in particolare della flessione della domanda nel settore del turismo. Per gli esperti il Pil dovrebbe contrarsi quest’anno del 2,5 per cento, a fronte di stime che prevedevano una crescita dell’1,3 per cento. Se la pandemia dovesse essere superata in tempi brevi, nel 2021 si potrebbe però assistere a un balzo del 4,3 per cento.