La rivoluzione elettrica dell’«auto del popolo». Entro quattro anni 16 fabbriche del gruppo Volkswagen nel mondo saranno dedicate alla sola produzione di veicoli a emissioni-zero. Una svolta epocale: per l’ambiente, per la mobilità di massa, e per il mercato del settore investito dalla pioggia di 90 miliardi di euro. L’obiettivo del primo costruttore europeo (che per un quinto appartiene alla Bassa Sassonia) è vendere tre milioni di E-wagen all’anno a partire dal 2025, vincendo la guerra commerciale con gli Usa guidati dal protezionista Trump e la concorrenza nippo-coreana.

UN BUSINESS MILIARDARIO benedetto dal governo Merkel IV su cui ancora pendono le sanzioni dell’Ue per eccessivo inquinamento, ma anche l’unico modo per l’industria-simbolo della Germania di ripulirsi dal «Dieselgate», far dimenticare lo scandalo dei test sulle cavie umane, e superare la sentenza che «uccide» il gasolio emessa il 28 febbraio dal Tribunale federale di Lipsia. «Negli ultimi mesi abbiamo programmato la messa a punto della road-map verso la produzione. Siamo pronti e determinati a partire in tempi brevissimi» scandisce Matthias Müller, amministratore delegato del gruppo di Wolfsburg, a margine della conferenza sul bilancio.
SULLA SUA SCRIVANIA, il piano per decuplicare la capacità degli stabilimenti attuali con la messa in piedi della filiera delle batterie. Aspetto niente affatto secondario della rivoluzione industriale che coincide in buona parte con la reazione geopolitica. Da qui al 2022 Vw girerà contratti per 20 miliardi di euro ai fornitori europei e soprattutto… cinesi; mentre ancora si riserva di decidere sull’acquisto di tecnologia americana e la scelta del partner per il mercato Usa.

FA PARTE DEL BRACCIO di ferro commerciale tra Berlino e Washington al minimo storico nelle relazioni bilaterali, ma è pure il segnale che la concorrenza ai marchi storici non proviene più dal settore dell’Automotive bensì dalla Silicon Valley in versione Elon Musk, l’inventore di PayPal e della concorrente Tesla.

SUL PIATTO ci sono già i 12 miliardi di euro per il trasporto pubblico gratuito in cinque città tedesche prenotati dal ministero dell’Ambiente guidato dalla Spd: una maxi commessa di e-bus a beneficio dell’industria tedesca che appena un mese fa si è fatta trovare impreparata. Da qui la svolta che aggiorna la catena di montaggio con l’assemblaggio di 80 nuovi modelli alimentati a batteria: la più grande flotta di mezzi elettrici al mondo. Otto, con motore ibrido, sono già a disposizione nel listino dei concessionari di Berlino; entro fine anno saranno affiancati da altri dieci, di cui un terzo totalmente a zero-emissioni.

NELLA RIVOLUZIONE saranno coinvolti tutti i dodici marchi del gruppo di Wolfsburg, da Audi fino a Skoda. Secondo Müller, il piano elettrico di Volkswagen darà una scossa anche al marketing: «Dal 2019 assisteremo alla presentazione di un nuovo veicolo al mese» è la previsione destinata a stravolgere il settore. Anche se la «trazione tradizionale», tra cui la famigerata nafta, non verrà abbandonata prima di smaltire gli stock e i progetti varati dagli uffici vendite.

«I MODERNI PROPULSORI Diesel sono una parte della soluzione, non il problema. Stiamo facendo enormi investimenti nella mobilità di domani, ma senza trascurare la tecnologia di oggi che continuerà a rivestire un ruolo importante anche nei prossimi decenni» puntualizza Müller, a scanso di equivoci. Comunque, la rivoluzione annunciata ieri è confermata dalle cifre del budget Vw per il prossimo lustro, con 90 miliardi destinati ad avviare il settore elettrico che non rappresenta più soltanto la nicchia interessata al prototipo «Sedric» o ai monopattini «Streetmate» e «Cityskate» presentati al salone di Ginevra.

AL DI LÀ DELL’E-MOBILITY, Vw rimane la società che investe di più in ricerca & sviluppo in Europa con percentuali equivalenti a un vero e proprio Stato. La conferma del lancio novembre 2019 del primo modello elettrico (nome: «Id») coincide con la certezza che il prototipo uscirà dalla fabbrica già fra due settimane pronto per il test su strada della durata di 16 mesi. Tutto pianificato in nome dell’affare che trasformerà gli attuali 2 milioni di auto elettriche circolanti nel mondo nei 140 milioni previsti nel 2030 (fonte: International Energy Agency) e aprirà al business delle batterie stimato in 75 miliardi di dollari nei prossimi 6 anni. Una parte del problema, per dirla con le parole di Müller, perché lo smaltimento del litio è davvero il lato B dell’auto elettrica. L’attuale capacità di riprocessare gli accumulatori esausti si limita a un mega-impianto operativo in Belgio, mentre la raccolta poggia su centri gestiti da una miriade di micro-imprese. Troppo poco nel momento in cui- anche nelle discariche italiane – cominciano ad arrivano i resti delle auto «pulite» vendute nel 2012.