Un’occasione utile per spiegare in maniera semplice la cosiddetta “autonomia differenziata” ce l’ha offerta la vicenda della Super Lega europea di calcio: dodici squadre, tre spagnole (Real Madrid, Barcelona, Atlético Madrid), sei inglesi (Manchester United, Manchester City, Chelsea, Arsenal, Tottenham, Liverpool), tre italiane (Juventus, Inter e Milan), se ne dichiarano fondatrici con un comunicato stampa del 18 aprile scorso.

Prime pagine e titoli di apertura vengono immediatamente dominati dalla notizia. L’annuncio genera una fortissima reazione contraria di UEFA e federazioni calcistiche nazionali e persino di presidenti e primi ministri. I tifosi scendono in piazza e si scatenano sui social contro il progetto. Illustri allenatori e calciatori delle squadre interessate ne prendono le distanze.

Così, 48 ore dopo l’annuncio, l’operazione è già fallita.

L’intento era dichiaratamente quello di costruire un torneo che, tra diritti televisivi, sponsor, biglietti, merchandising, ecc. avrebbe catalizzato sulla Super Lega una quantità enorme di profitti, a scapito non soltanto delle altre squadre professionistiche europee, ma di tutto il sistema calcistico, fino al livello dilettantistico, che ne sarebbe risultato ovviamente impoverito.

Insomma, l’idea era sostanzialmente quella di provocare una “secessione dei ricchi” nel mondo del pallone.

La secessione dei ricchi è il titolo del libro del professor Gianfranco Viesti che ha richiamato l’attenzione sulla “autonomia differenziata”, il processo di trasferimento di competenze legislative e amministrative, di risorse umane, finanziarie e strumentali dallo Stato ad alcune regioni a statuto ordinario.

Un processo che ha trovato fondamento nell’ambigua formulazione dell’articolo 116 della Costituzione, così tanto forzata da far espandere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia delle regioni a statuto ordinario fino a cancellare di fatto la competenza statale concorrente in materie tra le quali salute, ambiente, istruzione, infrastrutture, beni culturali, sicurezza sul lavoro, realizzandone di fatto una vera e propria devoluzione integrale.

Un processo partito nel febbraio 2018 con la sigla delle intese iniziali tra il governo Gentiloni e le regioni Veneto e Lombardia (dopo i referendum consultivi svolti in queste due regioni) ed Emilia-Romagna (dopo la deliberazione del suo Consiglio regionale); proseguito poi durante i governi M5S-Lega e M5S-PD-IV-Leu e oggi nuovamente rilanciato nel piano di riforme del governo Draghi.

La ratifica parlamentare di quelle intese sarebbe non soltanto sovversiva dei principi costituzionali fondativi della Repubblica italiana ma inciderebbe in maniera concretamente negativa sulla vita di milioni di persone, le quali rischierebbero di essere di fatto discriminate in base alla propria residenza nella possibilità di esercizio di molti dei diritti che la Carta riconosce e garantisce loro secondo il principio di uguaglianza.

Per restare nella metafora della Super Lega, mentre le tre ricche regioni del centro-nord rimarrebbero sotto i riflettori televisivi a giocare nelle più importanti competizioni europee, gli altri italiani, in particolare del centro-sud, sarebbero costretti a giocare nei tornei di provincia, se non sui campetti di periferia.

Mire di secessione mascherata sono insite in questo processo, formalmente attuativo del vigente Titolo V, ma sostanzialmente espressione del miope egoismo di alcune fasce sociali e territoriali del Paese. Il suo intento ultimo è quello di accaparrarsi il “residuo fiscale”, ossia di mantenere (e gestire!) sul e per il proprio territorio la quasi totalità del gettito tributario in esso prodotto, rompendo ogni vincolo di solidarietà: un po’ come l’idea delle squadre di Super Lega di arraffare la maggiorparte delle risorse che l’industria del pallone possa produrre.

La vicenda della pandemia ha dimostrato come il tentativo di affermare un “neocentralismo” regionalistico, quanto mai incarnato nella figura dei cosiddetti e sedicenti “governatori”, sia utile solo a porre le basi per una frantumazione dell’assetto repubblicano, regolato di fatto da un sistema con al centro la Conferenza Stato-regioni, che sposta sempre più i centri decisionali dalle assemblee elettive e rappresentative agli organi esecutivi: similmente alla Super Lega che pensava di potersene infischiare dell’UEFA e delle federazioni calcistiche nazionali.

Come le federazioni, gli allenatori e i calciatori si sono opposti alla sciagurata iniziativa della Super Lega, così ci aspettiamo che i partiti, le parlamentari e i parlamentari si oppongano alla sciagurata iniziativa del regionalismo differenziato e lo facciano fallire. Noi continueremo a essere i tifosi dei valori costituzionali di uguaglianza e solidarietà.

*Comitato contro autonomia differenziata – Roma