Ad avvisarmi, dalla Colombia dove si trova come visiting professor, è stato l’architetto Michele Paradiso, il collega che più di ogni altro gli è stato vicino nei tempi più recenti: «Roberto Gottardi – ha scritto nella mail – è morto stanotte». Una notizia che subito gira sul web e fa piangere molti. Perché al di là delle sue straordinarie qualità artistiche Roberto è stato importante come essere umano. E come compagno: era andato a Cuba giovane e pieno di entusiasmo e ci è sempre restato, nonostante le censure per un periodo subìte, le estreme difficoltà economiche, sue personali e del paese, senza mai cedere alla lusinga di abbandonare il campo e andare a fare l’architetto altrove, un ritorno in Europa che gli sarebbe stato facile vista la notorietà della sua opera. Aveva scelto Cuba all’inizio degli anni’60 e quella scelta, pur senza nascondere le sue critiche al regime, non l’ha voluta mai rinnegare.

L’ultima volta che l’ho incontrato, un paio d’anni fa, sono andata a trovarlo nella casa dove adesso abitava assieme alla sua ultima straordinaria moglie Lux Maria, conosciutissima danzatrice cubana: neppure 40 metri quadrati complessivi, gran parte dell’alloggio senza finestre, al quinto piano senza ascensore di un caseggiato periferico, da cui era sempre più difficile uscire per via delle tante scale. Grazie alla perseverante battaglia di Michele Paradiso eravamo riusciti ad ottenere per Roberto la «Bacchelli», la pensione istituita per gli artisti più affermati finiti in vecchiaia in gravi condizioni economiche. Ne ha potuto godere solo per pochi mesi, ma era felice di questo riconoscimento dell’Italia.
Le sue ceneri verranno onorate in una cerimonia che si terrà presso la incompiuta Scuola di teatro, la sua opera maggiore. (Il Manifesto-Alias ne aveva ampiamente parlato il 17 maggio 2014 e l’Arci aveva reso possibile la pubblicazione del libro che documenta il suo lavoro, edito da Skira.)