Con un numero quotidiano di decessi ai livelli più alti dall’inizio della pandemia, reparti di terapia intensiva pieni, e interventi non urgenti sospesi in diversi ospedali, la Svezia arriva al periodo natalizio in una situazione critica. La fiducia nelle istituzioni, invocata a fondamento della scelta di un approccio soft e basato su raccomandazioni non vincolanti, è messa a dura prova. Le ultime rilevazioni mostrano un calo di consensi per il premier Stefan Löfven e il suo partito socialdemocratico. Anche la fiducia per gli enti statali è in diminuzione, nonostante il controverso epidemiologo Anders Tegnell conservi l’approvazione di una maggioranza della popolazione.

Qualche giorno fa, Löfven ha dovuto ammettere che la possibilità di una seconda ondata di contagi era stata decisamente sottovalutata dagli esperti – intendendo gli esperti degli enti statali, visto che decine di medici e accademici hanno più volte criticato l’approccio ufficiale, restando perlopiù inascoltati. Ieri perfino il re, commentando l’alto numero di vittime, ha parlato di «fallimento». Pur avendo intensificato le restrizioni nelle ultime settimane – assembramenti pubblici limitati, consumo di alcol vietato dopo le 22, didattica a distanza per le scuole superiori – il governo sostiene di non avere gli strumenti per imporre un lockdown: paradossalmente, oggi sarebbero illegali manifestazioni politiche all’aperto con più di otto partecipanti, mentre non ci sarebbe modo di limitare l’affollamento di un centro commerciale o di una palestra. Si discute di una «legislazione di pandemia» che concederebbe al governo maggiori margini di manovra, ma che verosimilmente non sarà approvata prima della prossima primavera.

Nel frattempo, a guidare le politiche pubbliche sono gli scenari della Folkhälsomyndigheten (Fhm, l’ente nazionale di salute pubblica), orientati dall’inizio a una mitigation, piuttosto che la soppressione, del contagio. L’Fhm nega che l’immunità di gregge fosse un obiettivo della sua strategia, nonostante la pubblicazione ad agosto di una serie di email private sembri suggerire il contrario, e le inchieste dei giornalisti britannici abbiano sottolineato l’influenza di Tegnell nei circoli anti-lockdown vicini a Boris Johnson. I giornali più critici accusano Tegnell e i suoi colleghi di aver regolarmente soppresso il dissenso e azzerato il dibattito su temi quali la contagiosità degli asintomatici, la trasmissione del virus per aerosol e l’utilità delle mascherine: punti su cui le scelte dell’Fhm si sono posizionate in controtendenza rispetto al consenso a livello internazionale. Basta lavarsi le mani e mantenere la distanza: lo ripetono i siti ufficiali e lo cantano in coro gruppi di medici e infermieri sui social, dando la tragicomica impressione di essere intrappolati nei primi giorni di marzo.

Nella sinistra svedese, il dissenso è sorprendentemente raro. Le critiche si concentrano sulla parziale privatizzazione dei servizi, messa in atto soprattutto dai passati governi di destra o dalle regioni, e sull’approccio neoliberista al settore sanitario, ispirato a logiche di new public management. Il fatto che un virus lasciato circolare più liberamente che altrove abbia fatto vittime soprattutto tra le minoranze, gli abitanti delle periferie povere e le fasce di reddito più basse, ha invece provocato molto meno dibattito e ben poche prese di distanza. Per spiegare la mortalità più alta rispetto agli altri paesi nordici, Tegnell e altri suoi colleghi hanno più volte sottolineato la maggiore presenza di immigrati in Svezia come «fattore trainante», ipotizzando – in mancanza di stime affidabili – che la loro propensione a viaggiare e i loro contatti con persone provenienti da altri paesi potrebbero aver portato la situazione fuori controllo. A parte qualche accusa di razzismo sui social, in seguito a cui Tegnell si è scusato, queste insinuazioni hanno incontrato a sinistra un imbarazzato silenzio, con l’unica eccezione del piccolo partito Iniziativa Femminista. Tempi strani per la Svezia, la cui immagine internazionale è stata a lungo caratterizzata da multilateralismo e antirazzismo.