«Sono state le Br», si sente dire troppo spesso a proposito degli attentati dinamitardi che dal 1969 fino agli anni ’90 hanno insanguinato le cronache italiane. Una bestialità assoluta, per chiunque rammenti i fatti. Ed è un esercizio di memoria davvero imprescindibile quello al centro de La prima bomba, romanzo grafico firmato Feltrinelli Comics in libreria dal 5 novembre. Perché il linguaggio del fumetto sintetizza in maniera immediata, efficace e approfondita presupposti, dettagli e conseguenze dell’ordigno che il 12 dicembre del 1969 inaugurò la Strategia della Tensione, trasformando la Milano delle occupazioni studentesche e delle lotte operaie nel primo banco di prova per le folli alchimie nate dall’incontro tra cellule eversive fasciste, Servizi segreti deviati e criminalità organizzata.

CERTO, NEL SOLO 1969 di attentati dinamitardi se n’erano contati una ventina, equamente sparsi tra Veneto, Lazio e Lombardia. Ma fino al botto alla Banca Nazionale dell’Agricoltura si era trattato per così dire di «prove generali» volte a mettere alla prova tattiche, mezzi ed esplosivi, con grande eco in termini mediatici ma danni limitati a cose e persone. Il 12 dicembre, improvvisamente, le regole del gioco cambiano. E quei 17 morti e 88 feriti inaugurano una scia di sangue destinata a protrarsi per tutto il quindicennio successivo.

Spiega Marco Rizzo, autore di altri «fumetti di realtà» usciti negli ultimi anni e dedicati ad altri casi oscuri della Storia italiana da Ilaria Alpi a Peppino Impastato: «Quanti sanno cosa accadde il 12 dicembre del ’69? Quanti ricordano il nome di Pinelli, Valpreda, Calabresi, Freda, Ventura? Come in altre storie raccontate a fumetti in questi anni, ho provato a rendere accessibile un grande evento storico, cruciale per comprendere il presente. La strage di Piazza Fontana rappresenta l’inizio di molte cose e la fine di un’epoca, è uno scheletro pesante che tribunali e governi si trascinano dietro da cinquant’anni».

Riportare in vita una storia oscura prevede un lavoro capillare di documentazione, che Rizzo ha condensato nella ricca postfazione e nella bibliografia che impreziosiscono il volume. Ma al di là di qualche passaggio didascalico che ricorda l’approccio dei film e delle serie tv che in anni più o meno recenti hanno riletto le cronache a beneficio del pubblico generalista, qui lo sceneggiatore classe 1983 non ha rinunciato a qualche zampata visionaria. Così le «trame nere» sono letteralmente disegnate sui volti degli ignoti mandanti dell’attentato. E con buona pace di protagonisti delle cronache d’epoca come Calabresi e Pinelli, la Storia rivive nelle avventure di personaggi fittizi: un ispettore della buoncostume con un passato da balilla, la giovane figlia idealista e istintivamente barricadera, una «puttana dal cuore d’oro» in pieno stile feuilleton.

Questa scelta narrativa trova la miglior interprete possibile nella illustratrice «La Tram» alias Margherita Tramutoli, vista di recente nell’antologia tutta al femminile Post Pink. Che nelle 112 tavole del volume rinuncia a ogni vezzo puramente documentaristico a vantaggio di una paletta di colori e un approccio grafico che rimandano ai virtuosismi grafici di protagonisti dell’illustrazione del fumetto anni ’70 come Bruno Munari, Beppe Madaudo o Gianni De Luca. Una compagna di viaggio ideale, già al fianco di Rizzo in L’ecologia spiegata ai bambini di Beccogiallo e ideale controcanto dello sceneggiatore per la comune visione del mondo e del fumetto come impegno civile. Unica vera delusione, la mancanza di un lieto fine: a oltre 50 anni dalla tragedia, la verità ufficiale è quella di una strage senza colpevoli. Uno scandalo tutto italiano.