Tagli alla sanità spacciati come un aumento. La logica è solo apparentemente paradossale. È il gioco del vedo-non-vedo che il Sistema Sanitario Nazionale subisce da quando è iniziata l’austerità, ogni fine d’anno, in coincidenza con le manovre finanziarie. Nella stessa direzione vanno le indiscrezioni, smentite con poca convinzione dal ministero della Salute, nelle ore che ci separano dalla presentazione della legge di bilancio 2017 che dovrebbe essere licenziata oggi dal Consiglio dei Ministri. Li temono le Regioni che ieri si sono incontrare a Roma per una conferenza straordinaria. Cercano di ammorbidire una manovra che si preannuncia pesante per gli enti locali. Si discute ancora al buio, il governo ha tutte le carte in mano. Gli obiettivi da colpire sono noti: sono a rischio vaccini, esenzioni dai ticket, farmaci innovativi, le assunzioni dei medici e degli infermieri e non sarebbero applicati i nuovi Lea, i livelli essenziali di assistenza, approvati dal governo e ora in Parlamento per un parere non vincolante. «Chiediamo che sulla parte sanitaria il Fondo rimanga quello scritto nel Def e nell’intesa Stato-Regioni di febbraio (113,063 miliardi di euro per l’anno 2017 e 114,998 miliardi di euro per il 2018, e di non fare un taglio su quanto promesso. Se poi il governo decide di rimangiarsi la “sua” parola è una scelta dell’esecutivo» afferma Massimo Garavaglia, coordinatore degli assessori all’Economia delle Regioni.

Nelle ore decisive, e sulla base di indiscrezioni, tutti temono che il governo non rispetti gli impegni presi, anche a livello istituzionale, non solo con gli annunci. Il balletto sulle cifre non è un gioco singolare: incide sulla qualità dei servizi ai cittadini che non è esattamente il migliore, per usare un eufemismo. In ballo c’è anche la spending review che non è solo un mantra recitato in ossequio alla prassi autunnale del Bilancio. Quasi sempre va a intaccare la sanità. Al netto del tira e molla sulle cifre alla Sanità andrebbero 112 miliardi. «Rispetto al 2016 – spiega Stefano Cecconi, responsabile politiche della salute della Cgil – sarebbe dimezzato l’aumento del Fondo che aumenterebbe solo dello 0,9%. Verrebbe così meno il finanziamento minimo previsto dall’Intesa Stato-Regioni del 7 settembre scorso, fissato dalla legge, per l’adozione dei nuovi Lea. Non possiamo accontentarci del “meglio poco che niente” come fa qualcuno».
La malinconica certezza che la manovra non basterà alligna anche nel campo del Pd. Il presidente della Regione Puglia Michele Emiliano ha colto una delle contraddizioni di Renzi. Prendiamo ad esempio l’annuncio che ieri ha riempito le colonne dei giornali: l’assunzione di 10 mila statali.

Un colpo di teatro in uno scenario allarmato dalle voci sul taglio di un miliardo e mezzo sulla sanità. «Uno che spara queste cifre – ha detto Emiliano – è in una situazione politica di grande difficoltà». Può darsi. Come sempre nel caso di Renzi i numeri vengono sparati per sollevare cortine fumogene, inviare messaggi contradditori per rendere illeggibile la situazione e truccare alla prossima mano di poker. Tutto viene ricondotto all’armageddon del 4 dicembre, giorno del referendum sulla riforma costituzionale: «Non funzionerà l’idea di fare una manovra finanziaria generosa per avere un risultato elettorale positivo». Una chiosa, quella di Emiliano, che la dice lunga sul morale delle truppe nel Pd.