La leggenda di Arslan è una saga fantasy di notevole successo in Giappone tanto da contare 14 romanzi scritti da Yoshiki Tanaka a partire dal 1986, un adattamento manga realizzato da Chisato Nakamura dal 1993 al 1996, film, serie televisive animate, un videogioco prodotto nel 1993 per la consolle Sega CD e, dal 2013 un nuovo adattamento a fumetti a cura di Hiromu Arakawa, già autrice di Fullmetal Alchemist. La versione di Arakawa, pur non ancora terminata, è oggetto di un videogioco, prodotto da Koei Tecmo per PS4 e Xbox One: Arslan the Warriors of Legend. Assieme al videogioco arriva in Italia il manga di Arakawa pubblicato dalla divisione Planet Manga di Panini Comics ed al momento sono usciti i primi tre volumi.

Il manga, almeno a giudicare dai primi volumi pubblicati, è un capolavoro. Il disegno e la composizione delle tavole di Arakawa può essere definita una sorta di «linea chiara» nipponica: i disegni sono puliti ed essenziali, la tavola costruita in modo classico, senza la sovrabbondanza di segni cinetici e la destrutturazione impressionista (ma di faticosa lettura soprattutto per l’occidentale che deve subire la lettura al contrario delle pagine) di tanto manga in voga. Una struttura grafica che serve non tanto a celebrare narcisisticamente se stessa ma ad essere messa piuttosto al servizio di una storia coinvolgente che viene narrata da Arakawa in maniera graficamente esemplare.

Per quanto formalmente si ispiri alle vicende narrate nell’epica persiana relativa a Amir Arsalan-e Namdar, è illuminante quanto Tanaka dice nell’intervista compresa nel primo volume del manga: «Esiste un archetipo di storia, un classico dei Fratelli Grimm o di altre opere ambientate in mondi fantastici, in cui un giovane allevato in una piccola casa in mezzo al bosco scopre di avere in realtà sangue reale che gli scorre nelle vene… e da lì comincia una serie di prove. Ho letto numerose storie di questo tipo, e così mi è venuto in mente: ‘cosa succederebbe se provassi a scrivere una storia che invece è il contrario?’.

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Il protagonista è Arslan, figlio unico del re Andragoras che – a differenza della fama da gran condottiero del padre – è considerato debole e inadatto al governo e tantomeno alla guida del potente esercito di Pars che ha fama d’invincibilità. In realtà Arslan è non solo sottovalutato dal suo popolo, ma trattato con freddezza pure dai genitori e può fare affidamento solo su Daryun, già condottiero ma degradato a semplice guerriero per aver osato assumere un atteggiamento prudente prima della battaglia campale contro il principale nemico del regno di Pars: i Lusitani.

Proprio il conflitto tra Pars e Lusitani aggiunge una profondità insospettata alla narrazione: Tanaka e Arakawa ci mettono di fronte infatti ad uno scontro di civiltà che in certa misura ricorda quello odierno tra il cosiddetto Occidente ed il terrorismo islamico (pur essendo stato scritto ben prima che quest’ultimo assurgesse a preoccupazione di livello internazionale).

Nel regno di Pars c’è infatti una società laica con una religione politeista molto blandamente perseguita che basa però la sua economia e prosperità sulla schiavitù. I lusitani al contrario sono monoteisti fondamentalisti e conducono guerre che vedono il barbaro sterminio di tutti coloro che non accettano di abbracciare la fede in Yaldabaoth ma dichiarano tutti i fedeli uguali di fronte a dio considerando dunque ignobile la schiavitù. E proprio sulla ribellione degli schiavi i generali lusitani basano le proprie speranze di prendere la fortezza Pars.

Ma, esattamente come nello scenario reale contemporaneo, lo scontro delle ideologie di natura religiosa è solo un pretesto per altre ambizioni, nel manga ben incarnate nel generale mascherato che ha condotto alla vittoria le armate lusitane considerandole però barbari indegni. Se in questo scenario l’adolescente Arslan sembra il classico vaso di coccio, in realtà dimostrerà passo passo di saper sobbarcarsi sulle spalle il destino del suo regno, grazie anche ai saggi e valorosi guerrieri che si raccolgono attorno a lui.

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Il videogioco ripropone in stile hack’n’slash nipponico (o «musou») gli avvenimenti del manga (la grafica dei personaggi – eccellente – si rifà infatti allo stile di Arakawa) dove dobbiamo combattere contro i nemici sia in combattimenti uno contro uno – ripetibili contro un avversario umano nella modalità «free mode» – sia in epiche battaglie contro ondate di soldati nemici.

Due però sono i limiti del gioco: il primo è che ha il parlato in giapponese con i sottotitoli in inglese (e anche se fossero in italiano è difficile seguirli nel bel mezzo di una battaglia) ed il secondo è che svela protagonisti e colpi di scena molto prima che il manga venga pubblicato, rovinando perciò il piacere della lettura.