Tremila firme. Tra esse quelle istituzionali del presidente della Regione Abruzzo, Luciano D’Alfonso e del suo vice Giovanni Lolli; del sindaco dell’Aquila, Massimo Cialente; della senatrice Stefania Pezzopane. Tremila firme con le quali si chiede a Guido Bertolaso, ora candidato a sindaco di Roma, di rinunciare alla prescrizione del processo «Grandi rischi bis» che lo vede imputato per omicidio colposo plurimo e lesioni.

La fiaccolata di ieri notte a L’Aquila per ricordare le 309 vittime del terremoto del 6 aprile 2009 ha puntato «una luce» proprio sull’ex capo della Protezione civile. «È triste leggere negli occhi di mamma e papà la certezza che neanche stasera tornerò a casa» e poi «Verità per la strage di L’Aquila del 6 aprile 2009 alle ore 3.32»: questi i due striscioni che hanno aperto il corteo. Migliaia di lumi per le strade. Tante magliette gialle, sempre per chiedere verità. «Sono le ‘macerie dentro’ che fanno male, ciò che poteva essere fatto e non è stato fatto, e quello che deve essere fatto e non viene fatto», ha detto Vincenzo Vittorini all’inizio della commemorazione. Lui, nella tragedia, ha perso la moglie Claudia, di 46 anni, e la figlia Fabrizia, che ne aveva 10. «Ora – ha aggiunto – il dolore si è trasformato e deve restare intimo. Ora è il momento di agire per far sì che da questa tragedia nasca qualcosa di utile e determinante per un’intera comunità e un’intera nazione».

Di qui la petizione a Bertolaso, inoltrata all’interessato dal coordinamento «Noi non dimentichiamo» che racchiude tutte le principali associazioni che si battono per la ricerca della verità nelle più grandi stragi italiane. Dal canto proprio Bertolaso, in un’intervista, ha precisato che «Si rinuncia alla prescrizione nel momento in cui il tribunale annuncia che è scattata. A quel punto io ho il diritto di poter dire che rinuncio e quindi il processo va avanti. Purtroppo succederà il 7 ottobre (data in cui cade la prescrizione mentre la nuova udienza in tribunale ci sarà il 21 giugno, ndr) e fino a quel giorno posso solo affermare, garantire e impegnarmi».

Il processo che lo vede sott’accusa intende chiarire se le rassicurazioni fornite alla popolazione dell’Aquila il 31 marzo del 2009 dall’ex vice presidente della Commissione grandi rischi, Bernardo De Bernardinis (l’unico dei 7 componenti della Cgr condannato a due anni di carcere con i benefici di legge) furono indotte proprio da Bertolaso, sulla scorta della frase da lui pronunciata: «è un’operazione mediatica perché vogliamo rassicurare la gente» che compare in una telefonata intercettata con l’ex assessore regionale Daniela Stati il 30 marzo 2009.

«Andremo ad esigere risposte dalla Corte di Giustizia Europea sull’operato degli esperti della Commissione Grandi Rischi, condannati pesantemente in primo grado di giudizio e successivamente inspiegabilmente assolti», ha promesso Maurizio Cora, presidente dell’Associazione 309 Martiri, e a cui quella notte ha strappato la moglie Patrizia, e le due figlie, Alessandra, di 22 anni, e Antonella di 27. Alla fiaccolata hanno sfilato anche familiari e amici di vittime di altre tragedie come quella di Viareggio e della ThyssenKrupp. Il corteo è giunto in piazza Duomo intorno alla mezzanotte dove sono stati letti i nomi dei 309 morti. «Oggi più che mai sento la responsabilità di testimoniare la vicinanza della Capitale e dei romani – ha commentato Paolo Tronca, commissario straordinario del Comune di Roma -.

Sono passati 7 anni, L’Aquila sta riconquistando la dignità di riappropiarsi della propria storia». Quindi i 309 rintocchi della campana della chiesa di Santa Maria del Suffragio.