Utilizzare energia generata da fonti esterne al proprio corpo è una delle caratteristiche che distingue il genere umano dalle altre specie viventi. Si potrebbe dire che la storia dell’umanità – e del suo rapporto con la natura – dipenda in misura decisiva dai modi e dalle tecniche sperimentate per entrare in possesso di fonti energetiche sempre più ampie e potenti. Nel suo Prometeo a Fukushima. Storia dell’energia dall’antichità ad oggi (Einaudi, pp. 484, euro 28), Grazia Pagnotta ripercorre le tappe di questo cammino accidentato, fatto di geniali invenzioni e drammatici «effetti collaterali».
Uno dei principali meriti del libro sta proprio nel presentare la lunga storia delle tecnologie energetiche come inestricabilmente intrecciata agli impatti ambientali provocati dal loro operare. Nella «liberazione» di Prometeo evocata già dal grande storico della tecnologia David Landes per simboleggiare il prorompere della rivoluzione industriale, Pagnotta vede il dispiegarsi di forze ambivalenti, di cui gli esseri umani diventano consapevoli solo col passare del tempo e quando molti danni sono già stati fatti.

MA IL RAPPORTO con l’energia è molto più antico della macchina a vapore. Sebbene per millenni la principale fonte energetica sia stato lo stesso lavoro umano, alla mescolanza hanno contribuito diversi elementi artificiali: la forza animale opportunamente addomesticata, il fuoco, le acque, il legno. «Età del legno» è la definizione ormai in uso per indicare la lunghissima fase in cui quel materiale ha ricoperto un ruolo centrale per le attività umane: dalle costruzioni al riscaldamento. Ed è probabilmente a un’incipiente penuria di legno, manifestatasi nei secoli centrali dell’Età moderna, che si deve il salto fondamentale verso le fonti fossili, a partire dal carbone. Questa è una dinamica ricorrente, che il testo mette bene in luce. I passaggi tecnologici sono indotti dalla scarsità.

UN ALTRO MOMENTO decisivo si verifica agli inizi del Novecento, quando le grandi potenze occidentali impegnate nella preparazione e poi nel dispiegamento dello sforzo bellico scoprono i limiti delle loro scorte carbonifere. Il petrolio e il gas naturale diventano allora la panacea per garantirsi nuovi abbondanti rifornimenti di energia. E ancora qualcosa di analogo avviene negli anni ’70 del Novecento di fronte allo shock petrolifero, che rilancia su ampia scala lo sfruttamento del nucleare civile e – in misura minore – le energie «rinnovabili».
Ma questi salti non sono pacifici. Essi incidono in maniera decisiva sugli equilibri politici, alimentando spesso conflitti. Le fonti energetiche sono localizzate in spazi fisici precisi, e ciò rende la geografia un elemento cruciale del potere economico, politico e militare. Le grandi riserve di carbone inglesi hanno contribuito in misura determinante all’ascesa dell’Impero britannico; analogamente le miniere dell’area renana sono state per decenni al centro di sanguinose contese fra Francia e Germania.

IL BOOM DEL PETROLIO ha enormemente allargato il quadro della geopolitica mondiale, favorendo l’affermazione della supremazia americana e accrescendo la rilevanza di contesti molto distanti dagli stretti confini dell’Occidente.
Sul piano propriamente tecnologico ognuna di queste fasi si sviluppa secondo una dinamica ben nota ai teorici delle rivoluzioni scientifiche. L’effervescenza iniziale, che vede spuntare come funghi le innovazioni più disparate, man mano si stempera attraverso la selezione delle forme più efficaci, le quali a loro volta spesso non solo altro che il frutto di un’ibridazione fra componenti di modelli preesistenti. A questa evoluzione si accompagna un’analoga trasformazione dell’ambiente economico: la vivace concorrenza delle origini lascia il posto a strutture di mercato sempre più oligopolistiche. A spingere in questa direzione però non è solo la standardizzazione delle tecniche, ma anche la crescente complessità dei sistemi di sfruttamento – che comprendono grandi infrastrutture, e devono estendersi ad aree sempre più distanti man mano che le risorse si fanno scarse.

NE DERIVA UN’ESPANSIONE continua delle attività antropiche e del loro impatto ambientale. La produzione di energia, che ancora contribuisce all’emancipazione di masse di individui, è dunque la stessa forza che crea le condizioni per l’estinzione della nostra specie attraverso il surriscaldamento globale. Un dilemma tragico. Sarà capace il Prometeo che è in noi di scioglierlo e dare una nuova chance al genere umano?