Solo la bibliografia in lingua italiana dedicata al Dottor Živago e al caso Pasternak conta una smisurata quantità di titoli. Accanto agli scritti memorialistici dei molti protagonisti italiani del caso, alle ricostruzioni storico-documentarie, come i bellissimi due volumi recentemente proposti da Paolo Mancosu, si registrano numerosi studi propriamente storico-letterari che andarono sviluppandosi già sulla falsariga delle prime reazioni e recensioni apparse al tempo dell’apparizione del romanzo in Italia nel novembre del 1957 nella traduzione di Pietro Zveteremich. Oltre a ciò, si registrano anche opere di carattere propriamente letterario, come nel caso della curiosa prosecuzione del Dottor Živago nel romanzo di Gianni Calloni Tonja Gromeko. La moglie del Dottor Živago (1997), prefato addirittura da Michail Gorbacëv. Ora il giornalista Pierluigi Battista propone il breve saggio Il senso di colpa del Dottor Živago (La nave di Teseo, pp. 94, euro 8), dedicato a Ol’ga Ivinskaja, amante e musa di Pasternak, che fu vicina allo scrittore nel lungo e sofferto periodo di gestazione e pubblicazione del romanzo.

SCRITTO in uno stile essenziale e preciso, talvolta ruvidamente brusco, ma non privo di un suo respiro letterario, il libro tende a contrapporre la figura di Ol’ga-Lara (il capitolo Lei) a quella di Boris-Jurij (il capitolo Lui). I due capitoli sono divisi tra loro da un lungo excursus dedicato ai contemporanei (Cvetaeva, Achmatova, Mandel’štam) nel capitolo Gli altri. Nella Postilla, Battista riporta una lunga lista di riferimenti letterari che lo hanno accompagnato nella stesura del saggio, a partire ovviamente, dalle memorie della stessa Ivinskaja Prigioniero del tempo. La mia vita con Pasternak.
Certo, si obietterà, è un rischio scrivere di un tema così intricato e ricco di misteri ancora irrisolti senza poter attingere a molte delle fonti primarie pubblicate per lo più in lingua russa, anche se poi riprodotte in numerose traduzioni inglesi e francesi, oltre che italiane. Si potrà rispondere che Battista ha potuto utilizzare un’interessante testimonianza recentissima come il libro della pronipote dello scrittore, Anna Pasternak, The Untold Love Story that Inspired Doctor Zhivago (2016).

Ma questo può bastare? Battista ripropone con pronunziato laconismo le linee generali della storia d’amore tra Ol’ga e Boris, ricostruisce la biografia di lei, i suoi arresti, le tante dure prove, fin dal suicidio del primo marito. Forse la storia è più complessa e contraddittoria, se pensiamo, ad esempio, a quanto scrive della Ivinskaja nelle sue memorie Lidija Cukovskaja. Allo stesso tempo, l’immagine di lui (Boris-Jurij) risulta talvolta eccessivamente sminuita, anche alla luce di come Battista tratta il ruolo di Pasternak nella letteratura sovietica degli anni dello stalinismo, quasi contrapponendolo alle raffigurazioni, per così dire agiografiche, di Marina Cvetaeva, Anna Achmatova e Osip Mandel’štam.

È UNA POSIZIONE questa assai diffusa, specie in occidente, che non tiene conto dei tanti contributi apparsi negli ultimi anni in Russia (certo alcuni francamente di carattere scandalistico), che tendono a rendere più problematiche le figure proprio di Pasternak e Mandel’štam e la loro collocazione nella cultura letteraria degli anni Trenta, il loro non univoco atteggiamento verso Stalin e l’«epoca dei lupi». Oltre a qualche inevitabile imprecisione, proprio per il carattere datato delle edizioni utilizzate, il lavoro di Battista non scava in profondità numerosi episodi riportati, come nel caso della celebre telefonata di Stalin a Pasternak, della quale esistono almeno nove diverse versioni.

E tuttavia il libro si legge con piacere e partecipazione. Può benissimo offrire spunti per riduzioni performative del testo ed è sicuramente frutto di una lettura appassionata e viva. Il testo si diparte da un punto di vista non sempre sostenuto dai documenti, ma si realizza compiutamente come esercizio di narrazione letteraria, a cavaliere tra la forma del saggio breve e la fiction. E qui sta l’indubbio merito dell’autore.