In una vecchia foto trovata in rete (In senso cinico, Palma/Mazzone editore, 1993, a cura di Umberto Cantone) ci sono Marcello Miranda, «una specie di Cristo in croce con la bellezza del suo sorriso», il petomane delle Madonie, Giuseppe Paviglianiti, e Pietro Giordano alto, il viso un po’ spigoloso. Queste strane figure sono i personaggi che popolano le immagini di Cinico tv firmate da Daniele Ciprì e Franco Maresco, una meteora quando appaiono le prime volte su Raitre con cui gli allora quasi sconosciuti registi palermitani sconvolgono qualsiasi abitudine del pubblico televisivo. Nel bianco e nero di un’apocalisse contemporanea, che trova il suo laboratorio a Palermo mentre se ne celebrava la rinascita, Ciprì e Maresco raccontano una emarginazione senza riscatto. È al «signor Giordano» che la voce di Maresco rivolge le sue impossibili domande alle quali l’altro risponde senza concedere speranza, anima canaglia e disincantata del mondo che abita.

 

 

 
«I nostri attori, che non sono nemmeno attori non hanno alcuna identità sociale, non sono proletari e nemmeno sottoproletari, li abbiamo scelti perché hanno un tipo di faccia, un tipo di corpo che li avvicina al cinema che cui piace. La disperazione di Marcello esiste da sé, noi interveniamo con l’inquadratura che amplifica questa sofferenza» dicevano i cineasti .
Da allora è passato molto tempo, Maresco e Ciprì hanno smesso di lavorare insieme compiendo scelte estremamente diverse, e i personaggi che popolavano quell’universo artistico condiviso sono pian piano scomparsi almeno dalle cronache mediatiche.

 

 

 
Pietro Giordano continuava a vivere a Palermo, è lì, a casa che è morto all’improvviso (aveva 69 anni) giovedì. Non faceva più nulla ma in città lo conoscevano tutti, ancora oggi era un mito. Lo racconta Franco Maresco al telefono da Brescia, dove è in scena (solo fino a stasera) col suo spettacolo Tre di coppie, una serie di variazioni intorno al mondo dell’amico Franco Scaldati, drammaturgo e poeta anche lui palermitano, popolato da altre figure stralunate di barboni e filosofi, di tragedia e di commedia.

 

 

 
«Per una vita io e Ciprì siamo stati presi di mira dai moralisti perché Pietro Giordano chiedeva l’elemosina, così la gente diceva:’ma come, fa l’attore con loro ed è costretto a mendicare’. Se lo guardavi bene però era sempre vestito elegante, la Lacoste, le scarpe costose… La sua era una famiglia benestante, abitava con la sorella in centro, in un bel palazzo d’epoca».

 

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Giordano aveva fatto molte cose prima di incontrare i registi, la maschera al Teatro Biondo, il cameriere, era stato impiegato alle ferrovie, poi aveva capito che non lavorare era meglio. Insieme a un altro dei personaggi di Cinico tv, Lo Giudice, si imbucava ai matrimoni, fingevano di essere parenti dello sposo o della sposa, spesso li scoprivano e i due erano costretti a grandi fughe.«Si erano conosciuti scappando da uno di questi pranzi, nessuno di loro aveva bisogno di farlo» ricorda Maresco.

 

 

 
Lo avevano voluto anche nei film come Il ritorno di Cagliostro: «Era davvero bravo. In Cagliostro aveva recitato in tre ruoli, era riuscito persino a fare la parodia di Nosferatu. Aveva un orecchio meraviglioso, e del tutto inconsapevole, per i tempi delle battute, me ne ero accorto subito quando lo avevo conosciuto».
Pietro Giordano aveva ritrovato Ciprì e Maresco in I migliori nani della nostra vita, il programma andato in onda (2006) su La 7 che era stato anche il ritorno dei due autori sul piccolo schermo dopo quasi un decennio di assenza.

 

 

 
Maresco lo aveva chiamato ancora per i trailer di Belluscone – Una storia siciliana (2014), che non sono mai stati montati nel film. Ma tutto era cambiato quando appunto i registi si erano separati – sembra che Giordano non avesse mai smesso di rimpiangerlo – a cominciare dal loro cinema che assecondava, inevitabilmente, il desiderio di segnare uno stacco. Figure come Pietro Giordano erano troppo radicate a quell’esperienza comune per trovare uno spazio nelle immagini nate dopo, che si confrontavano con nuovi metodi di lavoro e altre necessità. Non aveva più senso ripetere, riproporre ciò che era stato nutrito da un vissuto, da un tempo e dalla capacità irriverente di metterlo in discussione. Anche col cinismo ruvido di Pietro Giordano.