Sanders, martedì scorso, era tra gli attivisti del Fair Immigration Reform Movement che manifestavano di fronte agli uffici centrali della dogana, a Washington. Una delle numerose iniziative che di questi tempi s’organizzano nelle città americane contro la politica fortemente repressiva e discriminatoria della nuova amministrazione nei confronti degli immigrati e a favore di una riforma che agevoli il percorso verso il loro regolare e rapido inserimento nella società americana. Il senatore del Vermont è salito su un palchetto improvvisato e ha tuonato contro Trump: il tycoon-presidente fa vigliaccamente il duro con gli immigrati che sudano di fatica per neppure dieci dollari all’ora e sbatte fuori del paese madri e padri di famiglia. «Ma se sei un duro perché allora non dai addosso alle imprese sanitarie e alle compagnie assicuratrici di Wall Street?».

Bernie sarà pure scomparso dalle nostre cronache, ma negli Usa, la sua, è una presenza forte. Che si fa sentire.

Una presenza peraltro molto apprezzata. È una star. Fox News, che pure è vista in maggioranza da elettori di Trump, ha pubblicato un sondaggio che attribuisce a Sanders il posto di numero uno tra i politici americani, con largo distacco rispetto a tutti gli altri. È il più popolare. Lo è per il suo messaggio politico. Per la sua coerenza. E perché, pure sconfitto nelle elezioni primarie e pur avendo poi sostenuto Hillary nella sfida contro Trump, ha continuato nel suo impegno politico sia al senato – dove non dà tregua alla nuova amministrazione – sia in piazza, come si è visto, appunto, martedì scorso.

Correrà di nuovo nel 2020? Difficile, data l’età, ma intanto la sua political revolution continua e può condizionare le elezioni primarie del 2016.

Già fermenta il clima elettorale, Trump conta di consolidare la sua maggioranza, o almeno di non perderla, nei due rami del Congresso e in gran parte delle istituzioni locali, mentre i democratici sono ancora spaesati, non hanno una linea né una leadership riconosciuta, sono divisi tra la speranza di lucrare sui passi falsi del presidente e tra la tentazione di inseguirlo e competere sul suo stesso terreno. Intanto, i sondaggi sono spietatamente bassi, pur in presenza di un avversario come Trump, dati che confermano un trend molto negativo che viene da lontano, con la perdita di un migliaio di seggi nell’ultimo decennio nei parlamenti locali e con le ripetute sconfitte nelle elezioni politiche, senza contare l’ultima, del novembre scorso.

La sinistra democratica cerca di farsi spazio, proprio contando sul fatto che oggi il suo peso può influenzare le scelte del Partito democratico, anche alla luce della sconfitta di Hillary e della convinzione diffusa del possibile successo di Sanders, fosse stato lui il candidato ufficiale.

I sanderistas oggi sono un arcipelago di gruppi, molto bene organizzati, molto abili nell’uso dei social. Sono arrivati molto vicini alla conquista della guida del Consiglio nazionale democratico, il Dnc, con la candidatura di Keith Ellison, sconfitto di poco dall’obamiano Tom Perez, di cui poi è diventato vice.
Gruppi come #WeWillReplaceYou, «Justice Democrats», «Brand New Congress», sono molto attivi nel territorio e intendono discutere approfonditamente le candidature del Partito democratico, sfidando gli apparati e le designazioni calate dall’alto.

Obiettivo principale i cosiddetti «Blue Dog Democrat», i centristi conservatori.

La forza dei gruppi sanderisti è confermata dai finanziamenti raccolti tra i simpatizzanti, un milione di dollari solo da parte di «Justice Democrats».

Punto di riferimento comune e cassa di risonanza del movimento è «The Young Turks» (TYT), «i giovani turchi», lo show televisivo su internet che vanta un’audience mensile di 85 milioni di telespettatori, che s’aggiungono agli abbonati (dieci dollari al mese) che usufruiscono di altri servizi.

È considerato il maggiore telegiornale online del mondo.

Fondatore e animatore di TYT è Cenk Kadir Uygur, nato a Istanbul nel 1970, dall’età di otto anni in America, personaggio vulcanico, ormai una star.
«È ora che si facciano da parte e lascino a noi la guida. Se volete l’unità, è possibile con la nostra guida», ha detto Uygur ai democratica via Nbc.

Al suo fianco Anahit Misak Kasparian, 1986, nota come Ana Kasparian, armena.
Se lo sa Erdogan.

L’attività di Uygur in realtà inizia nel 2002, ma è stato il passaggio dalla radio all’internet video a decretarne il grande successo.
Complice l’incredibile stagione politica che sta vivendo oggi l’America.