Quando nel 1996 il governo di John Major si ritrovò a corto di voti, l’unica soluzione razionale per i conservatori sembrò quella di cercare una sponda negli unionisti del Nord Irlanda. Si era nel bel mezzo delle trattative del Processo di Pace che si sarebbe concretizzato con i cosiddetti accordi del venerdì santo nel 1998, e le pressioni unioniste per rallentare le negoziazioni provocarono la ripresa delle ostilità, dopo il «cessate il fuoco» dell’Ira del 1995. Nel 1996 ebbero, infatti, luogo due degli attentati più clamorosi mai organizzati su suolo britannico, a Canary Wharf e a Manchester.

Le elezioni appena tenutesi in Gran Bretagna non consegnerebbero uno scenario politico di stabilità a meno che non si pensi a un accordo simile a quello che tenne in piedi il governo Major più di venti anni fa. Con la differenza che allora la stampella unionista era rappresentata principalmente dal partito moderato, lo Uup, che ieri è stato spazzato via dall’arena politica. Theresa May dovrà infatti fare i conti con il Dup di Arlene Foster, l’ala oltranzista e più intransigente dell’unionismo.

Se May ha già dichiarato di voler creare un governo con gli «amici e alleati» del Dup, Foster ha fatto sapere che sì, ci saranno contatti, ma è troppo presto per disegnare scenari futuri. Ha però ammonito che «sarà difficile per lei (per May, ndr) sopravvivere».

In Irlanda del Nord i risultati delle elezioni hanno visto una polarizzazione assoluta. La quasi totalità dei seggi è andata alle due ali estreme dello scacchiere politico. Lo Sinn Féin ha guadagnato 7 dei 18 seggi a disposizione, rispetto ai 4 delle passate elezioni, mentre il Dup se n’è assicurati 10, dagli 8 che ne aveva.

I partiti moderati non saranno rappresentati a Westminster. Come del resto Sinn Féin, ma per ragioni differenti, ovvero per la politica di astensionismo dalla partecipazione ai lavori del parlamento inglese, non considerato legittimo. Scelta confermata in mattinata sia dalla rappresentante per il Nord, Michelle O’Neill, sia da Gerry Adams, il quale ha voluto a sottolineare che Corbyn comprenderà, trattandosi di un «politico di princìpi».

Da segnalare il balzo nell’affluenza alle urne, che passa dal 58.1% del 2015 al 65.4%, segno che declinare le elezioni in senso pro o anti Brexit, com’è accaduto nelle scorse settimane, ha toccato corde sensibili e profonde nell’elettorato del Nord.