«La stagione è saltata, non lavoreremo più o non abbastanza per sopravvivere. Serve un reddito per tutti». Lavoratrici e lavoratori dello spettacolo hanno manifestato ieri in 17 piazze, da Catania a Trento. La giornata di protesta «L’assenza spettacolare» è stata indetta da Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom dopo il Dpcm che ha decretato la chiusura di cinema e teatri. Ampia la partecipazione. A Bologna in mille in prefettura. Altrettanti a Milano alla Scala, dove è stato inscenato un concerto muto. Flash mob danzante a Brescia. Corteo funebre a Napoli dietro lo striscione: «Emergenza senza fine». 500 a Cagliari e Trieste, 400 a Palermo, 300 ad Ancona.

A ROMA piazza Montecitorio è gonfia di gente già alle 10. Difficile rispettare l’invito ripetuto dal palco: «Mantenete il distanziamento». La folla fa pensare al bar di Guerre stellari. Non ci sono strani mostri venuti da galassie lontane, ma persone che indossano con orgoglio i vestiti di lavoro, poliedrici e sfaccettati, riflesso di un mondo che contiene tanti mondi. Il suonatore di violino in frac. I clown con naso rosso e parrucche colorate. Danzatrici e danzatori dai corpi scolpiti e muscoli flessuosi. Professionisti che parlano, dal palco o davanti alle telecamere, con pause calibrate e gesti puntuali. E poi tutti quelli che rimangono nell’ombra quando si accendono le luci di scena, che salgono sul palco a sipario chiuso e scendono prima che si apra: costumisti, elettriciste, operaie, tecnici, sarti, truccatori, fonici, scenografe.

Piazza Montecitorio invasa dai professionisti dello spettacolo, foto di Cecilia Fabiano/LaPresse

SECONDO L’INPS nel 2019 sono stati 327.812 i lavoratori dello spettacolo con almeno una giornata retribuita. Il salario medio: 10.664 euro. 888 euro al mese. Una miseria, in cui si mischiano differenze grandi. Come quella di genere: in media gli uomini guadagnano 2.550 euro in più delle donne (11.749 contro 9.199 euro). Su un comparto lavorativo segnato storicamene da simili problematiche, cui bisogna aggiungere la precarietà strutturale e l’invisibilità di numerose figure professionali, si è abbattuto il Covid-19. Come un meteorite.

«I CIRCHI sono chiusi da marzo, non lavoriamo, non riceviamo cassa integrazione. Noi e gli animali sopravviviamo appena. Abbiamo rispettato prescrizioni e divieti ma adesso il governo deve aiutarci», afferma Ethel Biasini, lavoratrice del Circo Royal, fermo a Monterotondo provincia di Roma. «La danza è salute», «Un paese senza cultura è un morto», recitano alcuni cartelli esposti davanti alle mura della Camera dei deputati. Un clown ha il volto contratto dalla rabbia: non lavora da nove mesi ed è arrabbiato con il governo perché non glielo permette, si sente umiliato perché è costretto a vivere con gli aiuti della Protezione civile. L’umiliazione è un sentimento pericoloso, anche in faccia a un pagliaccio. Non c’è nulla da ridere.

Un lavoratore dello spettacolo protesta davanti al parlamento, foto di Cecilia Fabiano/LaPresse

DAL PALCO c’è chi sottolinea l’importanza della produzione culturale per la crescita di vecchie e nuove generazioni. Chi afferma di aver investito tanti soldi per adeguare gli spazi alle norme di sicurezza e adesso è costretto di nuovo a chiudere. Chi sostiene la necessità di continuare le attività in presenza, anche a costo di un pubblico ridotto ulteriormente. Ma non tutti sono d’accordo. «Dobbiamo uscire da un’ambiguità. Noi lavoratori siamo più responsabili di Confindustria. Se il governo dice che per tutelare la salute di tutti dobbiamo chiudere, chiudiamo. Però: tu ci chiudi, tu ci paghi!», afferma Marta Di Maio, degli Autorganizzati dello spettacolo.

IL MINISTERO Economia e finanza ha annunciato che al fondo per il sostegno di spettacolo, cinema e audiovisivo aggiungerà altri 100 milioni di euro. Il ministro della Cultura Dario Franceschini ha promesso 10 milioni per la musica dal vivo e 10 per le scuole di danza. Mattoncini Lego poggiati uno sull’altro, senza alcun progetto. «Basta misure una tantum e bonus. Sono stati annunciati di nuovo nel “decreto ristoro” ma in tanti attendiamo ancora quelli del “decreto agosto”. Chiediamo un reddito che traghetti tutto il comparto fuori da una crisi lunga, più dell’emergenza sanitaria», afferma Riccardo Pieretti, attore e attivista di Slc Cgil.

LA RICHIESTA DI REDDITO, oltre le categorie e universale, è stata portata nel pomeriggio davanti al ministero dello Sviluppo economico. Una rappresentanza di lavoratori, sostenuti dalle Camere del lavoro autonomo e precario (Clap), ha partecipato a un incontro al ministero del Lavoro. «Ci hanno detto che abbiamo ragione ma per le misure strutturali servono finanziamenti strutturali e al momento non ci sono. Ci hanno anche consigliato di estendere la protesta ai ministeri di Economia e Cultura», afferma Tiziano Trobia (Clap). Il 7 novembre è prevista una nuova mobilitazione nazionale dislocata. Lockdown permettendo.