La visita del Presidente cinese in Italia e in Europa ha visto i media discutere della nuova Via della seta e dei possibili suoi vantaggi-svantaggi sul terreno economico e su quello politico. Per meglio aiutare a capire cosa stia succedendo, in queste note cerchiamo di ricordare alcuni tratti storici di un fenomeno vecchio di almeno 2.500 anni.
È il grande storico francese Fernand Braudel ad avere introdotto il concetto di «lunga durata», facendo riferimento al fatto che ci sono dei fenomeni di fondo che permangono nel tempo e che, anche se scompaiono allo sguardo per qualche secolo, si ripropongono poi di nuovo. Braudel ricordava che quando Lutero si affermò in Germania, il confine geografico tra quelli che restarono fedeli alla chiesa cattolica e quelli che passarono alla religione protestante si situò dove era a suo tempo collocato il limes romano.
Anche la storia della Via della seta ci fa pensare alla lunga durata. Per sottolineare l’importanza di quello che succedeva lungo tale strada un altro storico, Peter Frankopan, afferma che essa è stata nel tempo «la spina dorsale» del mondo.
Lo sviluppo della Via della seta è un fenomeno complesso cui hanno dato il loro contributo molte civiltà nel passato. Già in Persia l’impero achemenide, durato da circa il 700 al 300 avanti Cristo, gestiva una parte di quella che sarebbe poi diventata la Via della seta; nel periodo di Alessandro Magno, poi, viene aperta una via marittima dal delta dell’Indo al golfo Persico e anche i Tolomei operarono in Egitto per sviluppare le reti commerciali con l’Oriente.
Dal lato cinese, il commercio carovaniero aveva cominciato a svilupparsi fortemente già con la dinastia Han (206 avanti Cristo-220 dopo); fiorì durante quelle Han e Tang (618-907), ebbe difficoltà durante i Sung (960-1279), registrò una grande resurrezione durante il periodo mongolo dalla metà del 13° secolo alla metà del 14°; la tendenza continuò ancora per circa un secolo, poi entrò in una crisi lenta, ma progressiva. Le cose si sono ora ravvivate da qualche decina di anni.
Dal punto di vista europeo, bisogna ricordare come già gli etruschi importassero le sete. Per quanto riguarda Roma, Plinio il vecchio stigmatizzava l’impiego degli «indecenti» tessuti di seta e il Senato provò varie volte a proibire alle donne e agli uomini di indossarne, ma gli editti non ebbero effetto.
Nel periodo del Medioevo e del Rinascimento i rapporti economici tra l’Europa e l’Italia da una parte, l’Asia e la Cina dall’altra, si infittiscono.
Traffici, percorsi, squilibri commerciali. Da noi arrivano nel Medioevo e nel Rinascimento la seta e la porcellana cinesi, manufatti di cotone, pietre preziose e gioielli dall’India e poi ancora le spezie anche da altre parti del continente asiatico. Ma al di là della merci, viaggiavano attraverso tale via le tecniche, le religioni, le arti e gli scambi culturali, le lingue, gli stessi popoli.
La Via della seta era anche un corridoio genetico per gli esseri umani, la flora e la fauna. Una parte importante delle piante oggi presenti in Europa ha origine dall’Asia.
Un caso per capire cosa sia poi successo nei secoli più tardi riguarda il fatto che nel Seicento l’Europa viene invasa dai tessili indiani; ma gli europei mettono dei forti dazi e copiano le stoffe del paese asiatico; poi l’Inghilterra, quando conquista l’India, distrugge l’industria locale. Quello che non fece l’imperialismo, lo fece per qualche secolo la decadenza delle civiltà cinese e indiana. Comunque, ancora nel 1700, il pil di Cina e India rappresentava il 45% circa di quello mondiale.
L’espressione Via della seta al singolare copre in realtà il fatto che ne esistevano parecchie, una marittima e almeno due terrestri. Tra queste ultime si poteva registrare una via del Nord che comprendeva poi, a un certo punto, almeno tre rami, che poi si univano per arrivare sino al Mediterraneo. C’era anche un percorso meridionale. La via marittima giungeva sino in Italia.
Per alcuni versi, almeno per quanto riguarda il tratto europeo della strada, si trattava di un percorso di commerci con l’Asia quasi a senso unico. Gli europei desideravano le merci asiatiche, ma i popoli dell’altro continente erano poco interessati a quelle europee: così, il saldo dello scambio era pagato in oro ed argento. Gran parte dei metalli preziosi delle Americhe finiranno in Cina e India.
Questo ci indica che nella lunga durata, liberati da vincoli politici, sono probabilmente gli asiatici i grandi produttori di merci, non gli occidentali, e che il tentativo oggi di vari paesi di cercare un riequilibrio dei conti con la Cina si scontrerà forse con i dati della storia.
Ora la Cina è diventata, come è noto, il più grande esportatore mondiale e anche i porti europei sono pieni dei suoi traffici. Anzi, noi speriamo di afferrarne in qualche modo una parte maggiore di quella attuale. Dopotutto, la Via della seta marittima finiva a Venezia (oltre al fatto che le città italiane più in generale si arricchirono facendo da intermediarie tra Oriente e Occidente).
Ma, con la nostra colpevole inerzia, la gran parte delle navi asiatiche passa oggi per i porti del Nord e adesso che ne vorremmo una parte più rilevante è forse troppo tardi. Gli altri paesi non molleranno facilmente la presa. In ogni caso, su di un altro piano, va comunque avanti, anche attraverso la nuova Via della seta, un nuovo, forse ormai inevitabile, processo di orientalizzazione del mondo.