Se a Roma hai sete, fame o bisogno di fare la spesa in piena notte c’è un’app che fa per te. All’inizio si chiamava Bangla di Roma, ma di recente ha cambiato nome in Bangladino. La mappa interattiva restituisce con immediatezza la portata del fenomeno che Matteo Salvini definisce dei «negozietti etnici»: l’interno del cerchio disegnato dal Gra è una giungla fitta di marcatori che indicano esercizi commerciali gestiti da stranieri e aperti fino a tardi. Roma Est è una delle zone a più alta concentrazione. L’app è un’ottima bussola.

Ore 21.01, San Lorenzo. In un locale dove lavorano dei ragazzi kurdi, vengono serviti kebab e patate ripiene. «Salvini ha detto che posti come questo devono chiudere alle 21». «Davvero?» – si informa uno dei dipendenti – «Speriamo. Non ce la faccio più a lavorare fino alle 5 di mattina». Una risposta simile a quella che darebbero tanti impiegati di centri commerciali e Carrefour h 24, costretti ai turni di domenica o di notte. Per loro, però, le dichiarazioni del ministro non valgono: Salvini è favorevole alle aperture nei festivi e i supermercati della multinazionale francese non rientrano nella categoria di «negozietti etnici».

Ore 22.58, San Lorenzo. Dove via degli Ausoni incrocia via dei Sabelli ci sono un minimarket, una pizzeria e tre bar. Un mezzo isolato spesso sovraffollato, in cui i conflitti tra movida e residenti abbondano. Il minimarket è chiuso, di fronte c’è un bar gestito da bangladeshi. «Sai che Salvini vuole farvi chiudere alle 21?». «È giusto, ma non ce l’ha con noi. Ce l’ha con i minimarket» e indica il negozio di un connazionale dall’altro lato della strada. L’uomo è convinto che il suo locale non rientri tra quelli messi sotto accusa. Eppure la descrizione di «negozietti etnici dove c’è gente che beve birra fino alle 3 del mattino, pisciano e cagano» potrebbe applicarsi a qualsiasi bar gestito da stranieri e aperto di notte. Fuori, un ragazzo italiano beve una birra. «Se chiudono questo, vado in quello accanto», dice.

Ore 23.40, Pigneto. Vicino alla fermata della metro C c’è un piccolo locale di proprietà di un signore del Bangladesh. Ha lavorato diversi anni in Kuwait e Arabia Saudita. Con i risparmi è venuto a Roma, insieme alla famiglia, e ha aperto questo bar-ristorante. Rimane stupito dalle dichiarazioni di Salvini. «Ma scusa, io non pago le tasse? Non pago le bollette? E Mattarella che dice?». Chiama il signore nordafricano che lo aiuta nel servizio ai tavoli e gli spiega la questione. Quello sbotta: «Oltre a prendersela con noi stranieri, ha anche parlato dei 49 milioni?». Poi aggiunge: «I 5 Stelle e la Lega hanno vinto solo perché la sinistra non esiste più».

Continuando a scendere sulla Casilina, oltre il Carrefour sempre aperto, si incrocia via di Torpignattara. Un lato della strada è buio e deserto: è tutto chiuso. Diverse persone passeggiano sul marciapiede opposto. Il Mc Donald’s è solo acceso. Un negozio di kebab e due ristoranti cinesi, invece, permettono ai ritardatari di procurarsi un boccone.

Ore 00.23, Torpignattara. In un negozio di frutta e verdura, un ragazzo del Pakistan sgrana gli occhi davanti alle parole del ministro riportate sullo schermo del cellulare. «Ma ha solo parlato o ha fatto una legge?», chiede. «Ha solo parlato».

Ore 00.47, Centocelle. In una traversa di via Tor de’ Schiavi c’è un alimentari addobbato a festa, le lucine incorniciano la porta di ingresso. Vende pasta, biscotti, pane, bevande e frutta. Il ragazzo straniero che è in cassa mostra una faccia preoccupata quando sente della minaccia di chiusura anticipata alle 21. In genere, lui chiude alle 2.

Intanto, un signore italiano che sta facendo la spesa si intromette: «Ma che davvero? E io dove compro da mangiare quando finisco il turno?». Di questi tempi, sembra strano che non abbia già ricevuto la notizia attraverso la pagina facebook di Salvini. «Ho appena staccato. Ho lavorato tutto il giorno. Non ho avuto tempo di andare su facebook», risponde seccato.