Da semi-sconosciuto al pubblico, è diventato «l’uomo più odiato da Internet» in poche ore. E difficilmente gli si può voler bene: si chiama Martin Shkreli e a soli 32 anni ha già un notevole curriculum da spregiudicato (e fallimentare) manager di fondi di investimento. Già processato per insider trading e per le minacce ai suoi dipendenti, attualmente è amministratore delegato della Turing Pharmaceutical, una start-up che di innovativo ha ben poco. La sua specialità, infatti, è la vendita a prezzi esorbitanti di farmaci comprati da altre case farmaceutiche a prezzi stracciati. L’ultima «prodezza» di Shkreli riguarda un farmaco denominato Daraprim, utilizzato contro malattie gravi come toxoplasmosi e malaria. Per decisione di Shkreli, lo scorso weekend il prezzo di una pillola di Daraprim è salito da 13,5 a 750 dollari. Nel 2014, le vendite di Daraprim in farmacia hanno sfiorato i dieci milioni di dollari. Il manager ha giustificato l’aumento con la necessità di investire maggiormente in ricerca.

Parziale dietrofront

La comunicazione non è la specialità di Shkreli. L’impennata del Daraprim, infatti, non è passata inosservata, e ha scatenato la protesta delle associazioni dei malati di Aids, tra i quali la toxoplasmosi ha un’elevata incidenza, e dei media Usa di ogni orientamento politico. Nel giro di quarantott’ore, Shkreli ha dovuto comunicare in prima serata televisiva un parziale dietrofront, anche se non ha saputo specificare il nuovo prezzo del Daraprim.

Il lieto fine però non chiude la vicenda, perché il caso della Turing Pharmaceuticals non è affatto isolato. La pratica di innalzare improvvisamente il prezzo dei farmaci «trascurati» dal mercato era già nel mirino di un’azione parlamentare volta a chiarire altri aumenti sospetti da parte di altre case farmaceutiche. Sotto esame un antibiotico salito da 500 a 10800 dollari (Subito dopo l’annuncio di Shkreli, i deputati democratici Bernie Sanders (sfidante di sinistra alle primarie per la candidatura presidenziale) e Elijah Cummings avevano annunciato un’azione anche nei confronti della Turing Pharmaceuticals. La questione del prezzo dei farmaci è finita così al centro della campagna elettorale.

L’affaire Shkreli, infatti, dimostra il fallimento del libero mercato nel garantire la massima diffusione di un bene essenziale come un farmaco. Per una volta, però, non è colpa dei brevetti: il Daraprim è un farmaco in commercio dal 1953, e il brevetto sulla sua produzione è scaduto da decenni. Dunque, qualunque azienda potrebbe mettere in circolazione un farmaco generico a prezzi più convenienti. Ma la strategia per eludere la concorrenza esiste, e si chiama «distribuzione controllata».

Ufficialmente serve a limitare la circolazione di medicine potenzialmente pericolose. Invocando la stessa clausola per il Daraprim, però, la Turing Pharmaceuticals riesce a impedire che le società concorrenti acquistino campioni del farmaco necessari per i test comparativi preliminari alla commercializzazione di un generico. Se questa pratica sia in accordo con le leggi anti-trust verrà presto deciso dalla corte distrettuale del New Jersey, chiamata a sciogliere una controversia analoga tra altre due farmaceutiche, Mylan e Celgene. A causa della crescita costante dei prezzi dei farmaci, secondo alcune stime circa cinquanta milioni di americani hanno dovuto rinunciare alle medicine per il loro costo eccessivo.

Secondo alcuni media, la vicenda rappresenta una vittoria politica di Sanders, che in piena campagna elettorale ha visto i media e l’intero arco politico dargli ragione contro un avversario simbolico come Martin Shkeli. Sanders è anche il firmatario di una proposta di riforma del mercato farmaceutico che, secondo la rivista «Time», avvicinerebbe il sistema statunitense a quello europeo che (almeno in teoria) garantisce un accesso alle cure più universale. Sanders punta a creare un’agenzia che negozi con le case farmaceutiche il prezzo dei farmaci a nome dei milioni di cittadini americani assistiti dallo stato perché non possono permettersi un’assicurazione sanitaria.

Il sollievo della lobby

Presa in contropiede, anche Hillary Clinton (candidata alla presidenza ben più accreditata di Sanders) si è precipitata ad annunciare un suo progetto di legge che limiti il prezzo dei farmaci. Tra le proposte, c’è quella di consentire l’importazione dall’estero di farmaci venduti a prezzi più bassi. Si tratta di una strategia attuata finora soprattutto dai paesi in via di sviluppo strozzati dalle corporation, e fa pensare che ora se ne parli a proposito degli Stati Uniti. Sebbene più moderata di quella di Sanders, la proposta di Clinton è bastata ad allarmare i mercati. Le società biotecnologiche quotate a Wall Street hanno perso in media quasi il 5% in un giorno.

Non festeggiano, però, solo i sostenitori democratici e le associazioni dei pazienti. Anche la Pharmaceutical Research and Manufacturers of America, la lobby che raccoglie le case farmaceutiche più importanti, ha tirato un sospiro di sollievo dopo il passo indietro di Shkreli. La sparata del giovinastro aveva attirato nuove ire su Big Pharma, che non ha certo bisogno di cattiva pubblicità visti gli scandali quasi quotidiani che la coinvolgono. Vedere associata la propria immagine a quella di Shkreli sarebbe stato un ennesimo brutto colpo. Ora si tratta solo di far calmare le acque. E di mettere al lavoro i lobbysti di Washington.