Tutto quasi da rifare. Non passa una settimana dall’accordo tra la cancelliera Merkel e il ministro dell’Interno Seehofer sul Migration-masterplan, e arriva puntuale il (mezzo) stop della Spd.
«No ai centri di transito permanenti» è la posizione del partito fin dal 2015, ribadita anche ieri dalla segretaria Andrea Nahles, nonostante le rassicurazioni di Merkel sul limite di 48 ore di permanenza per i profughi nei nuovi hotspot.
Alla Willy Brandt Haus, quartier generale dei socialisti nella capitale, c’è chi giura che la Spd alla fine darà luce verde al piano, per non far cadere il governo e dover andare ad elezioni anticipate con i sondaggi che la inchiodano al 18%.
Ma la strada per l’accordo è ancora tortuosa e i malumori tra i socialisti non si placano. Anzi. Se Nahles, non chiude completamente la porta agli alleati di governo (purché vengano rispettate «le leggi europee e le norme umanitarie» e soprattutto il contratto di coalizione), spicca il “muro” del giovane segretario generale Lars Kligbeil che denuncia «un accordo basato su tre punti che nessuno capisce, stipulato da membri del governo che dimostrano scarsa professionalità». Sulla stessa linea il vicepresidente Ralf Stegner che rincara la dose: «Non vogliamo vedere famiglie di rifugiati dentro recinti sorvegliati». Si aggiunge all’opposizione frontale del leader dei Giovani socialisti, Kevin Kühnert. Ma c’è anche chi è d’accordo con i centri di transito progettati da Csu e Cdu, come Julian Nida Rümelin che siede nel consiglio etico della Spd e rappresenta una non piccola parte del partito.
Tutto mentre i tedeschi cominciano a essere frustrati dalla questione migranti, come rileva il sondaggio Ard di ieri. Il 75% se la prende con Seehofer che ha indebolito la Grande coalizione, il 78% non è soddisfatto del lavoro del governo, e il 56% rimane convinto che sarebbe ora di parlare dei veri problemi della Germania.