«Il problema non è nel cassonetto della differenziata, ma a monte». Undici parole sintetizzano il contenuto dell’ultimo libro di Marinella Correggia ed Elisa Nicoli, dal titolo assai evocativo: «Rifiuti addio». A dieci anni da «Zero rifiuti», uscito sempre per Altreconomia edizioni, Correggia (storica collaboratrice del manifesto e una delle firme dell’ExtraTerrestre) torna a scrivere – in questo caso a quattro mani – di un tema centrale per il futuro dell’umanità sul Pianeta, cioè un modello di produzione capitalistico e stili di vita (i nostri) che producono scarti.

IL PROBLEMA, secondo Correggia e Nicoli, è che «evocare il riciclo non serve, evidentemente, a cambiare il modello di produzione e consumo, ma solo a giocare in difesa, a chiudere la stalla con i buoi già scappati. Spesso passa anzi il messaggio insidioso che un “buon riciclo” possa persino giustificare questo sistema». Questo perché una volta svuotata la pattumiera e differenziati i rifiuti, tendiamo a rimuoverli dalla nostra coscienza.

Eppure non possiamo ignorare alcuni dati: ogni anno, nel mondo, l’attività umana produce 2 miliardi di tonnellate di rifiuti, di cui solo il 13% è riciclato e poco più del 5% compostato. I danni all’ambiente, al clima e alla nostra salute sono catastrofici: una lenta apocalisse che solo una radicale revisione delle nostre abitudini e delle scelte politiche possono scongiurare. Un rapporto della Banca mondiale, «What a waste 2.0, A Global Snapshot of Solid Waste Management to 2050» spiega che senza interventi, insomma con il business as usual, si rischia di passare da 2,01 miliardi di tonnellate (2016) a 3,4 miliardi nel 2050.

NON È POSSIBILE nemmeno invocare l’economia circolare come un mantra a fare giustizia dei nostri scarti: anche i processi di ri-produzione che praticano il riciclaggio più efficiente, minimizzano l’uso di materia nuova, o utilizzano i materiali più eco-friendly non possono comunque evitare un forte impatto sull’ambiente, specie se moltiplicati per milioni di merci. Bisogna proprio ridurre il numero di oggetti, di cose di cui riempiamo la nostra vita. Serve un cambiamento radicale, e questo libro spiega come operarlo, perché – emerge dalle pagine di «Rifiuti addio» – lo “stato dei rifiuti” in Italia e nel mondo discende anche dalle pratiche casalinga e outdoor di ognuno di noi e di tutti i giorni.

Le due autrici del libro non sono solo giornaliste: entrambe hanno fatto della prevenzione dei rifiuti un punto fermo della loro quotidianità e questo permette loro di raccontare in modo semplice e facilmente replicabile la loro esperienza, disegni compresi. La lettura di «Rifiuti addio», così, offre strumenti utili a chiunque abbia a cuore (da oggi) la salute delle persone e dell’ambiente, perché mette a nudo il problema centrale dei rifiuti: la nostra civiltà – perlomeno quella occidentale e capitalista – è programmata per produrre il superfluo e indurci a consumarlo. Il riciclo è solo un palliativo presentato come panacea. La raccolta dei rifiuti – anche se differenziati correttamente – è una falsa soluzione, perché il problema è a monte: il «sistema» consuma molte più materie prime di quante il Pianeta possa rigenerare (l’Earth Overshoot Day nel 2021 è caduto il 29 luglio) e progetta e produce un numero spropositato di merci, spesso futili o non essenziali.

NEL LIBRO C’È ANCHE un decalogo per le amministrazioni, che possono diventare motori di cambiamento. Al primo posto c’è la promozione del compostaggio domestico e di comunità anche con sconti in tariffa. Anche cambiando la propria dieta (più cibi freschi vegetali, meno preparati e surgelati) si riducono i rifiuti sul Pianeta. Altre cose da fare assolutamente: bandire gli usa e getta, anche quelli compostabili, nelle mense scolastiche, e incentivare il consumo di acqua di rubinetto, anche con certificati sulla qualità. Se non vi sentite pronti ad entrare nel futuro senza rifiuti, leggete quest’ultima esortazione: «non dobbiamo puntare necessariamente alla perfezione, perché una nicchia di “im-peccabili” è molto meno efficace di una larga massa che si impegna a migliorare anche solo in parte il proprio stile di vita».