Sabato scorso l’infanta Cristina, duchessa di Palma di Maiorca, secondogenita di Juan Carlos, è stata interrogata dal giudice istruttore, José Castro, per cercare di discolparsi dall’imputazione di frode fiscale e altro. Suo marito, Iñaki Urdangarin, è imputato per corruzione e riciclaggio nell’affaire Aizoon. Il giudice istruttore ritiene probabile che l’infanta sia consapevolmente intervenuta per favorire i traffici di suo marito. La monarchia spagnola è, quindi, ancora una volta sotto esame: sotto esame la pretesa che la monarchia – che discende dall’investitura di Franco – sia una vera «monarchia costituzionale» soggetta alla «sovranità della legge». Una domanda: la magistratura spagnola è veramente indipendente, osa indagare seriamente e fino in fondo nei confronti di una componente della casa reale? La magistratura italiana è di esempio in Europa per la sua indipendenza: giudici indipendenti con garanzia affidata al Consiglio superiore della magistratura, pubblici ministeri indipendenti.

I giudici spagnoli si dicono indipendenti (nelle democrazie occidentali tutti i giudici si dicono indipendenti), ma – è questa la seria questione – lo sono realmente? Fino a quale punto lo sono? In Italia sono indipendenti e lo devono divenire ancor di più. Da rimarcare: a differenza da quelli italiani, i pubblici ministeri spagnoli non sono indipendenti – come non lo sono in tutta Europa – sicché è già visibile il contrasto (la differenza di valutazione degli indizi e delle prove) fra giudice istruttore e pubblico ministero. In aprile, il giudice Castro aveva già imputato l’infanta ma, su impugnazione del pubblico ministero, la sua decisione era stata annullata in appello. Ancor oggi il pubblico ministero contrasta il giudice istruttore, asserendo che contro l’infanta non vi è prova e che, quindi, l’infanta non deve essere incriminata.
La “Casa Real” ovviamente ha fatto sapere – come usa nelle monarchie costituzionali – che rispetterà tutte le decisioni dei giudici. Un fatto comunque è certo: la nuova imputazione dell’infanta Cristina, di cui si discute nel mondo intero, indebolisce ulteriormente il re di Spagna già debole in ragione di precedenti scandali. Basti ricordare la caccia all’elefante, in galante compagnia – mentre la Spagna attraversava la grave crisi economica che ancor oggi l’attanaglia (Aldo Grasso, “I safari di Juan Carlos re delle mille avventure”, Corriere della sera 22.4.2012); e il caso Baltasar Garzón di cui la stampa internazionale ha parlato per anni: tre processi contro Garzón (Raphael Minder, “Spanish Judge Indicted for Inquiry Into Franco-Era Abuses”, The New York Times 7.4.2010). Caso ampiamente trattato anche in Italia (Alberto D’Argenzio, “Lo scandalo anti-Garzón nella Spagna di Zapatero”, il manifesto 16.4.2010). Il caso Garzón nella Spagna di Zapatero, la sua epulsione dalla magistratura. Chi aveva torto e chi ragione allora? Garzón don Chisciotte che fa politica, che non rispetta i limiti di legge, oppure la magistratura ancora dipendente che si coalizza contro di lui (Perfecto Andrès Ibanes, “I processi Garzón: è necessario distinguere”, “Questione Giustizia” n. 4/2012)?

Secondo un sondaggio del 5 gennaio scorso, il 62% degli spagnoli pensa che il re dovrebbe abdicare in favore di suo figlio Felipe (Sandrine Morel, “La nouvelle mise en examen de l’infanta Cristina affaiblit encore le roi d’Espagne”, Le Monde 9 gennaio). Meno del 50% degli spagnoli è oggi a favore della monarchia. Molti in Spagna pensano che il “compromesso storico” anni settanta (il “patto dell’oblio”, la “memoria selettiva”), dopo tanti anni dall’uscita di scena di Franco e tanti anni di monarchia sempre più discussa, devono portare alla repubblica. Due questioni di fondo. La prima: vi è un diritto all’oblio e fino a quanto può durare? La seconda: la Spagna è oggi matura per la repubblica?