Chi si chiedeva se davvero la patina di modernità e progressismo della Spagna del secolo XXI non sia nient’altro che un velo pietoso che copre ancora l’odore putrescente di una delle più nefaste dittature del ventesimo secolo, in queste settimane ha dovuto fare i conti con la realtà.

Il paese del governo progre femminista, del matrimonio gay in vigore da 13 anni, della marcha notturna di Madrid, delle spiagge nudiste delle Baleari, delle manifestazioni massive per i diritti delle donne del 2018, degli indignados del 2011, è anche lo stesso del tabù insormontabile: quello del suo passato, rimosso dalla politica e dalla società.

È IL TABÙ della «Transizione modello», senza spargimenti di sangue: quello di Juan Carlos, re magnanimo che da erede scelto da Franco restituisce la democrazia agli spagnoli; quello della costituzione «del consenso» del 1978. E quello di un sanguinario dittatore, Francisco Franco, morto tranquillamente nel suo letto nel 1975, imbalsamato e seppellito con tutti gli onori di Stato in un monumento da lui fatto costruire a migliaia di prigionieri politici fra il 1940 (appena conclusa la guerra civile) e il 1958: la Valle dei Caduti (Valle de los Caídos).

Obiettivo era quello di onorare la memoria degli «eroi e martiri» caduti durante la «gloriosa crociata» – la guerra contro la Repubblica scatenata dallo stesso Franco. Con il dittatore, lì è seppellito anche il fondatore della Falange Española José Antonio Primo de Rivera, figlio l’altro dittatore, Miguel Primo de Rivera (1923-1930), condannato a morte dalla Repubblica nel 1936 proprio allo scoppio della guerra.

Il dittatore fascista Francisco Franco

 

Ma nel monumento, a pochi chilometri da Madrid, sono anche seppellite altre 33mila persone, un terzo delle quali senza un’identità nota.

È STATA DEFINITA la fossa comune più grande di tutta la Spagna: migliaia di morti, soprattutto repubblicani vittime delle rappresaglie franchiste, vennero estratti senza il consenso delle famiglie da decine e decine di fosse comuni sparse per tutta la Spagna per riempire il monumento.

Non solo. Il complesso, oltre a una scuola di canto gregoriano per bambini, ha una foresteria di 200 posti per «ritiri spirituali», con tanto di ristorante, sale di riunioni, servizio di lavanderia e negozi per la vendita di libri e liquori. Nonostante el Valle sia un monumento nazionale, la basilica all’interno del monumento – che ospita la tomba di Franco – è di proprietà della Chiesa, come garantito dagli accordi Stato-Chiesa del 1979, e i monaci (filo-franchisti) si possono quindi opporre all’accesso.

Si dice che sulla tomba di Franco ci siano sempre fiori freschi. E non sorprende: a parte l’associazione Francisco Franco e quella dei militari franchisti Ame, che difendono esplicitamente l’eredità del dittatore, visitano il monumento centinaia di migliaia di persone (nel 2017 furono 283mila).

La decisione del nuovo esecutivo socialista di Pedro Sánchez di esumare i resti di Franco dal monumento e restituirli alla famiglia ha dunque suscitato un’enorme polemica. L’idea è in linea con la decisione socialista del 2007, quando il governo Zapatero approvò una legge sulla memoria storica che costringeva i comuni a liberarsi progressivamente di tutte le vestigia franchiste che ancora riempiono lo spazio pubblico.

L’IDEA DI DE-SACRALIZZARE el Valle allontanando il cadavere del dittatore era già stata approvata in una mozione non vincolante l’anno scorso del parlamento (con la sola astensione del Pp, allora al potere). Ma oggi il Psoe ha in mano il governo e – coerente con la sua politica di gesti simbolici potenti – ha già deciso di voler affrontare questo traumatico dibattito storico.

Nella stessa linea anche l’indagine ministeriale per togliere al torturatore franchista Billy el Niño le medaglie che gli consentono quasi di raddoppiare la pensione che riceve. Nel consiglio dei ministri di oggi il governo Sánchez approverà un decreto che darà copertura legale alla decisione governativa per impedire i ricorsi che la famiglia Franco e la fondazione omonima hanno già annunciato.

In questi giorni il Psoe ha ottenuto l’accordo per l’approvazione a settembre del decreto dai partiti che l’hanno portato al potere, impegnandosi con Esquerra Republicana de Catalunya ad annullare tutte le condanne politiche del franchismo, oggi ancora formalmente in vigore.

IN CATALOGNA BRUCIA soprattutto la condanna a morte del presidente Lluís Companys del 1940 o del giovane anarchico Salvador Puig Antich, del 1974, l’ultima del regime.

Ma la decisione del governo ha fatto uscire alla luce tutte le contraddizioni di questo paese intrappolato nel suo passato. Una lettera aperta firmata da centinaia di ex militari ha difeso pubblicamente con toni francamente sorprendenti l’operato del dittatore «vilipendiato».

In molti denunciano apertamente che i vertici delle forze armate sono ancora franchisti. Il Partito Popular e persino Ciudadanos, pur non potendo difendere l’eredità del dittatore, si aggrappano alle formalità per opporsi al decreto: non ci sono i requisiti d’urgenza (minacciano un ricorso al tribunale costituzionale), non è il caso di rimuovere il passato, e così via. La portavoce del Psoe Adriana Lastra parla di «urgenza democratica» e si rifà alla mozione inapplicata dell’anno scorso.

Ma la realtà è che Pp e Ciudadanos, che detengono la maggioranza del Tavolo di presidenza della camera bassa, possono bloccare qualsiasi iniziativa legislativa ordinaria, mentre non possono farlo per un decreto.

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Il doppio di visitatori e di marce fasciste

L’annuncio del governo Sánchez di voler esumare i resti del dittatore dal Valle del los Caídos ha paradossalmente avuto l’effetto di raddoppiare, rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, il numero di visitatori (l’entrata costa 9 euro). Il secondo fine settimana di luglio si sono registrate 4.367 entrate.

Assieme alla curiosità risvegliata dalle decisioni del governo, il monumento è al centro di iniziative politiche, tutte di segno apertamente fascista. Varie associazioni, come la Falange, chiamano a messe e marce di protesta, al suono di Cara al sol (l’equivalente del nostro Faccetta nera) e a braccio alzato.

Il 14 luglio scorso, anniversario dell’alzamiento di Franco (il colpo di stato del 1936 che diede inizio alla guerra civile), ha riunito nel monumento qualche migliaio di persone che protestavano controla decisione al grido «La Valle non si tocca».