«Il presidente del governo, Pedro Sánchez, ha dato istruzioni perché la Spagna rispetti gli accordi internazionali in materia di crisi umanitarie e ha annunciato che accoglierà in un porto spagnolo la nave Aquarius, nella quale si trovano più di 600 persone abbandonate alla loro sorte nel Mediterraneo. Per questa ragione, è nostro obbligo aiutare a evitare una catastrofe umanitaria e offrire ‘un porto sicuro’ a queste persone, rispettando gli obblighi del Diritto internazionale».

 

Con questo comunicato, il governo spagnolo ha sbloccato ieri la tragica vicenda della nave Aquarius e dei suoi 629 profughi in condizioni estreme. Il breve testo è arrivato nel primo pomeriggio di ieri, dopo che sindaci come Ada Colau (Barcellona), Manuela Carmena (Madrid) e Joan Ribó (Valencia) avevano chiesto al governo centrale di prendere posizione sulla crisi in atto nelle acque antistanti le coste italiane. Ed è proprio la città di Valencia quella scelta da Sánchez per accogliere i profughi. La comunità valenziana è guidata dal compagno di partito (ma non di cordata) di Sánchez, Ximo Puig, appoggiato da Compromís, partito alleato di Podemos, mentre il sindaco valenziano, di Compromís, Joan Ribó, guida una giunta appoggiata dai socialisti.

Anche Alberto Garzón, leader di Izquerda Unida, in mattinata aveva chiesto al nuovo esecutivo di Madrid di offrire i suoi porti e suoi mezzi «per salvaguardare i diritti umani che il governo italiano nega». E in un tweet Podemos qualifica come «buona decisione» quella presa da Sánchez e gli chiede finalmente di rispettare la quota di rifugiati che la Spagna si era impegnata ad accogliere con l’Unione Europea. Delle 17.337 persone che il governo Rajoy aveva promesso di accettare (più di 9mila delle quali erano «obbligatorie»), ne sono arrivate meno di 2mila. I restanti paesi europei, in media, ne hanno accolte fra il 50% e il 60% di quelle accordate, secondo i dati resi noti da Oxfam Intermon proprio pochi giorni fa. La scadenza per questi impegni (presi nel 2015) è la fine di settembre di quest’anno.

Il neopresidente, dall’insediamento del suo governo, si sta muovendo con molta accortezza, misurando con attenzione i gesti e i segnali. Il primo presidente a giurare senza Bibbia e crocifisso – il gesto simbolico che ha aperto la stagione del nuovo governo – ha dato una lezione di umanità a chi in Italia, come i ministri Di Maio e Salvini, e il premier Conte, della religione fanno sfoggio. Anche nel caso Aquarius, così come avvenne con la fulminea mozione di sfiducia a Rajoy subito dopo la sentenza sulla corruzione del Partito popolare (a proposito, ieri, è arrivata un’altra batosta per il ramo valenziano del partito, con un’ulteriore sentenza per corruzione), Sánchez ha colto l’opportunità al volo di lanciare un messaggio. Sia verso l’Europa, sia verso chi in Spagna gli reclamava un ulteriore gesto di discontinuità rispetto al suo antecessore.

Due settimane fa una decisione di questo genere sarebbe stata impensabile: la stessa Ada Colau durante la crisi per la nave di Proactiva Open Arms bloccata dal governo italiano a marzo spiegava al manifesto che «il problema è che i porti li controlla lo stato, così come i flussi migratori», aggiungendo che se fosse uno stato, «la città di Barcellona farebbe di tutto per accogliere le navi di Open Arms e salvare esseri umani». Allora il governo spagnolo fu molto tiepido (pur appoggiando la Ong catalana). Stavolta Sánchez ha preso il toro per le corna.

Il neo ministro degli Affari esteri, Ue e cooperazione Josep Borrell ha dichiarato che la decisione, che ha definito «personale e diretta» del capo del governo, è «senza dubbio una vittoria per la gente che sta sulla nave».

Intanto si moltiplicano le offerte di aiuto: il capo del governo basco, il lehendakari Iñigo Urkullu si è già offerto di accogliere in Euskadi una sessantina di profughi. Analoga proposta è arrivata anche dalla Navarra, dalle Baleari, dall’Extremadura e dalle città di Barcellona e Madrid. La vicepresidente valenziana Mónica Oltra ha ringraziato pubblicamente Sánchez per la «rapidità» e «sensibilità» con la quale ha risposto il governo e ha annunciato che offrirà all’Onu Valencia come «porto sicuro» (safe harbour).