Nelle otto edizioni fin qui disputate l’Irlanda non ha mai raggiunto le semifinali della coppa del mondo di rugby. Unica tra le nazioni celtiche – il Galles conquistò un terzo posto nel 1987 e il quarto nel 2011, la Scozia fu quarta nel 1991 – la squadra irlandese ha sempre mancato i suoi appuntamenti con la rassegna mondiale, anche quando era annunciata in forma smagliante.

La sconfitta a sorpresa (19-12) rimediata dal Giappone sabato scorso sembrerebbe confermare l’esistenza di una maledizione che incombe sugli uomini in verde.  Due anni fa, durante i test autunnali, l’Irlanda aveva battuto gli allora invincibili All Blacks meritandosi il primo posto nella classifica mondiale. Non fu gloria effimera: di lì a poco sarebbe arrivato il Sei Nazioni, terzo titolo conquistato in un quinquennio. La squadra allenata dal kiwi Joe Schmidt pareva uno schiacciasassi, perfetta interprete del power rugby che va per la maggiore, spietata nell’imporre il proprio dominio fisico e atletico, pratica ed euclidea nei piani di gioco.

Qualche lungimirante ipotizzò che gli irlandesi avessero raggiunto la perfezione con un biennio di anticipo e che di lì in poi avrebbero pagato l’usura di un rugby sempre più  logorante e impegnativo, perciò si sarebbero presentati a Japan 2019 cotti a puntino. Previsione per ora azzeccata. Partita bene contro gli scozzesi, travolti con un perentorio 27-3, l’Irlanda, priva del divino Jonathan Sexton, è andata a Shizuoka dove ha impattato con i giapponesi padroni di casa. Sospinti da un tifo appassionato e dai favori degli dèi di Ovalia, i cherry blossom (boccioli di ciliegio) allenati dal maori Jamie Joseph hanno condotto una partita perfetta, rimontando lo svantaggio iniziale che aveva visto gli irlandesi avanti per 12-3 (mete di Ringrose e Kearney) ed esibendo un gioco di rara competenza tecnica e mentale. Yu Tamura è stato micidiale dalla piazzola (14 punti), Kenki Fukuoka ha realizzato al 58’ una meta immortale. Dopo un quarto di gara l’Irlanda si è spenta, si è fatta indisciplinata e non ha più messo a segno nemmeno un punto.

Eppure il cammino degli irlandesi non è affatto compromesso. I prossimi match li vedranno impegnati contro Samoa e Russia, avversari più che potabili, mentre il Giappone dovrà incontrare scozzesi e samoani. Il girone A si annuncia dunque combattuto fino all’ultima tornata di gare. Certo, il Giappone si sta confermando come la più temibile delle nazioni del cosiddetto Tier 2, la seconda fascia del ranking di World Rugby. Quattro anni fa fece il gran botto sconfiggendo gli Springboks, questa volta ha appeso in bacheca lo scalpo dell’Irlanda. Considerati i venti anni di Sei Nazioni e gli infiniti cucchiai di legno della nazionale italiana, un po’ di invidia è più che giustificata.

 

La conferma gallese

Australia-Galles è stata l’altra partita che ha infiammato il secondo turno dei gironi di qualificazione. I gallesi allenati dal carismatico Warren Gatland  – un altro kiwi  che conferma la leadership tecnica del rugby neozelandese – hanno vinto di stretta misura (29-25) confermandosi come una delle nazioni più in forma di questo mondiale: il ranking li colloca ora al secondo posto, dietro agli All Blacks che oggi hanno travolto (63-0) i canadesi. La qualità del loro impianto di gioco è indiscutibile così come la classe degli interpreti di uno spartito mandato a memoria. Nulla appare precluso agli uomini in rosso, neppure l’impossibile.

Domani sono in programma Georgia-Figi (07:15) e Irlanda-Russia (12:15), entrambi visibile in streaming sul sito www.rugbyworldcup.com. Venerdì tocca all’Italia, attesa dal Sudafrica (Raidue, 11:45). Sabato toccherà a Australia-Uruguay, Argentina-Inghilterra, Giappone-Samoa.

Conor O’Shea ha annunciato oggi la formazione azzurra per la sfida con gli Springboks. Rispetto al match vinto contro il Canada, si segnala il rientro di Sergio Parisse che farà reparto con Steyn e Polledri, mentre Tito Tebaldi riprende posto in mediana al posto di Braley. Luca Morisi sarà schierato secondo centro con lo spostamento di Campagnaro all’ala. Bellini, ottima prestaizone contro i canadesi, va in tribuna perché O’Shea ha deciso di aumentare da cinque a sei il numero degli avanti in panchina: oltre alle prime linee ci saranno Zanni, Ruzza e Negri. “Dobbiamo affrontarli in primo luogo con il pack”, ha spiegato il coach dell’Italia che si aspetta una gara estremamente combattuta sul piano fisico e vuole assicurarsi tutti i rimpiazzi possibili tra i primi otto uomini.

E’ la partita più importante del mondiale azzurro. Battere gli Springboks – impresa che tanto il buon senso quanto i valori tecnici stimano praticamente impossibile – significherebbe l’accesso a quei quarti di finale che mai l’Italia è riuscita a raggiungere. “Una partita che va trattata come se non ci fosse un domani”, ha sintetizzato O’Shea. La sfida con gli All Blacks, in programma sabato 12 ottobre, appare più che lontana, lontanissima.