Per chi segue il conflitto israelo-palestinese 972mag.com è una preziosa fonte di informazioni, analisi e opinioni. Il sito, nell’edizione in lingua inglese, è letto ogni giorno da decine di migliaia di persone in Israele, nei Territori occupati e in molti altri paesi. Attira il suo taglio che vuole rappresentare il punto di vista di chi crede nella immediata necessità di mettere fine all’occupazione militare israeliana, nell’uguaglianza tra ebrei e palestinesi e in un futuro di giustizia e rispetto della legalità internazionale. Tra le sue firme figurano Samer Badawi, Lerry Derfner, Aziz Abu Sarah, Mairav Zonszein. Al direttore Naom Sheizaf abbiamo rivolto alcune domande sul quadro creato dall’uccisione in Cisgiordania dei tre studenti ebrei e i suoi possibili sviluppi.

 

Israele è stretto intorno alle famiglie dei ragazzi uccisi. In queste ore si registrano anche episodi di aggressioni tentate e realizzate a palestinesi e sui social israeliani accanto alle espressioni di cordoglio campeggiano esortazioni a brutali vendette.

Non è un quadro nuovo, quando accadono fatti di tale gravità la retorica antipalestinese della destra, dei partiti e movimenti ultranazionalisti ha il sopravvento e raccoglie consensi tra un gran numero di persone. Passato questo primo periodo sopraggiunge un fase diversa in cui la gente si rende conto che la soluzione del conflitto (con i palestinesi) non sta nell’uso della forza ma nella politica e nella diplomazia, in un inevitabile compromesso.

 

Quanto l’opinione pubblica israeliana è consapevole dell’occupazione, di quanto accade nei Territori occupati, di ragazzi e giovani palestinesi uccisi dall’esercito, anche in questi ultimi giorni. Nell’ultimo periodo si è colto parecchio disinteresse tra gli israeliani rispetto a quanto accade in Cisgiordania e a Gaza.

E’ vero ma sino ad un certo punto. Anche se qualcuno tenta di oscurarla e tanti altri vorrebbero dimenticarla, l’occupazione farà sempre parte della vita degli israeliani sino a quando non avrà termine. A ricordarla in ogni momento sono le notizie che filtrano dai territori palestinesi, le prese di posizione della comunità internazionale contro la colonizzazione e più di recente le iniziative di boicottaggio in giro per il mondo.

 

Quanto il rapimento e l’uccisione dei tre studenti pesa per le sorti del governo Netanyahu

Il governo ha conquistato consensi all’interno e all’estero, dove ha intensificato la sua campagna diplomatica contro l’Autorità nazionale di Abu Mazen, la riconciliazione palestinese e il governo Fatah-Hamas. Tuttavia Netanyahu deve tenere conto del bisogno di stabilità di tutti gli israeliani. Perciò se da un lato minaccia ritorsioni militari dall’altro non può permettersi di destabilizzare a lungo la situazione perchè ciò si rifletterebbe anche sugli israeliani e sul suo governo. Non dimentichiamo che (il premier laburista) Ehud Barak perse le elezioni tra il 2000 e il 2001 per l’instabilità creata dall’Intifada palestinese. All’inizio la gente aveva approvato e sostenuto la sua linea del pugno di ferro ma a lungo andare prevalse il bisogno di un ritorno alla normalità che lui non era in grado di garantire.

 

Lei perciò non crede che Netanyahu scatenerà la vasta campagna militare di cui si parla con preoccupazione in queste ore.

Colpirà ma a mio parere farà il possibile per evitare di entrare in una nuova guerra simile alle operazioni Piombo Fuso (2008) e Pilastro di Difesa (2012). Perchè la reazione (del movimento islamico) e il conseguente lancio continuo di razzi da Gaza finirebbe per mettere sotto pressione per giorni e giorni un gran numero di cittadini israeliani. E come ho spiegato prima l’opinione pubblica israeliana vuole che un primo ministro garantisca prima di tutto la stabilità.