«L’Europa deve aiutarci, finora invece è come se non fosse davvero coinvolta. I governi europei esprimono ogni giorno il loro dispiacere più profondo ma sono solo stronzate, se davvero volessero sostenerci ci darebbero un mano a proteggerci. Ne abbiamo bisogno specie contro le armi letali, da soli non possiamo farcela». Non usa sfumature Vladimir Yatsenko – quarantaquattro anni e presidente della Fiau, l’Associazione dell’industria cinematografica ucraina – che come molti altri in queste ore è pronto a prendere le armi. Poco importa se, come ha raccontato in una intervista a Screen International, non ha mai avuto una preparazione militare. La situazione non permette di scegliere: «In strada chiunque vuole difendere il nostro paese può trovare un kalashnikov» dice Yatsenko, rientrato a Kiev dopo avere messo a riparo altrove la famiglia. «La Russia rivuole le sue terre e ora lo ha dimostrato chiaramente. Lo so che per gli europei è una cosa difficile da capire ma il rischio è che se vanno avanti non si fermeranno all’Ucraina. I prossimi paesi nel mirino potrebbero essere la Polonia e le Repubbliche Baltiche».

Ivan Urgant

YATSENKO non è appunto l’unico tra i professionisti del cinema che ha deciso di combattere, sono molti i registi e i produttori che si stanno unendo all’esercito ucraino – «circa il 25% dei nostri membri» spiega Yatsenko. Tra questi sembra che ci sia anche Oleg Sentsov, il regista e attivista per i diritti umani arrestato e condannato a vent’anni di carcere per attività terroristiche dalle autorità russe nel 2014 durante le manifestazioni per l’indipendenza della Crimea, dove è nato. Nel 2019 Sentsov è stato poi rilasciato nell’ambito di uno scambio di prigionieri tra Russia e Ucraina dopo infiniti processi farsa, uno sciopero della fame nel quale perse 30 kili e una vasta campagna internazionale in suo sostegno – ricordiamo per anni la sedia vuota col suo nome nei maggiori festival di cinema come quello di Cannes, la Berlinale e la Mostra di Venezia dove nel 2021 ha presentato il suo nuovo film, Rhino. C’è però chi mantiene come arma la macchina da presa, sono gruppi di filmmaker che cercano di documentare i giorni della guerra. Un appello èstato lanciato ieri da Olena Yershova, produttrice ucraina che dalla Turchia dove si è rifugiata si rivolge all’Europa chiedendo un supporto economico, armi e assitenza umanitaria per resistere agli attacchi in corso.

L’UCRAINA così come la Lituania, l’Estonia, la Lettonia fa parte di Euroimages e dell’Epc – European Producers Club – a cui partecipa con progetti di coproduzione e una costante presenza ai festival di cinema e nei mercati cinematografici internazionali. «Siamo molto preoccupati per i nostri colleghi e amici e denunciamo con forza l’aggressione di cui sono vittime» ha dichiarato in un comunicato l’Epc. Anche in Russia la mobilitazione contro la guerra coinvolge numerosi artisti. L’Unione dei registi e dei professionisti del cinema e la KinoSoyuz, associazione fondata nel 2010 che riunisce quei filmmaker in disaccordo con le posizione dell’Unione dei registi russi di Nikita Mikhalkov, hanno pubblicato una lettera-manifesto dal titolo esplicito: No alla guerra firmata tra gli altri dai registi Alexei Popogrebsky, Ilya Khrzhanovskiy, Marina Razbezkhina, Vladimir Kott, Alexey Fedorchenko, dai produttori Natalia Manskaya e Natalia Drodz, dai critici Andrei Plakhov e Viktor Matizen. Nella dichiarazione si legge: «Nessuna politica nazionale o esigenza geopolitica può essere più importante del valore della vita umana. Chiediamo l’immediata fine di questa uccisione legalizzata di esseri umani che si chiama guerra. Chiediamo a tutti i rappresentati delle professioni creative di non giustificare in alcun modo questa violenza e di prenderne distanza a livello personale e collettivo».

Leonid Shvartsman

SEMPRE in Russia, dopo le dimissioni in solidarietà con l’Ucraina di Elena Kovalskaja, direttrice del Teatro Meyer di Mosca e il messaggio contro la guerra del popolare conduttore televisivo Ivan Urgant – presentatore, tra l’altro, della parodia di capodanno in italiano Ciao! – il cui programma sul primo canale è stato sospeso da tre gioni, è l’animazione a schierarsi attraverso un appello pubblicato su Novaya Gazeta, il giornale d’opposizione diretto dal Premio Nobel per la pace Dmitrij Muratov. La lettera è firmata da 370 registi, produttori, sceneggiatori, tra cui l’animatore russo di 101 anni Leonid Shvartsman – spesso lodato anche da Putin, l’ultima volta lo scorso anno per le sue cento candeline – noto per aver animato l’iconico personaggio russo Cheburashka; il regista 80enne Youry Norstein, autore di grandi film d’animazione come L’airone e la gru (1974) e Il riccio nella nebbia (1975); gli animatori Andrey Krzhanovsky, Garry Bardin, Konstantin Bronzit (due volte nominato all’Oscar per i suoi cortometraggi). La lettera collettiva si intitola Non per uccidere, non per distruggere. Per unire e recita: «Siamo convinti che la guerra non porti altro che morte, dolore e distruzione. E nulla può giustificarlo. La comunità di animazione dell’Ucraina e della Russia è una e inseparabile: lavoriamo insieme, guardiamo i film gli uni degli altri da molti anni. E oggi i nostri figli, fratelli, vengono mandati a uccidere quelli con cui hanno recentemente giocato nello stesso cortile e guardato gli stessi cartoni animati. L’animazione – e l’arte in generale – è sempre stata intrisa di uno spirito contrario alla guerra. Crediamo che le azioni militari di oggi siano dirette non solo contro i nostri amici e colleghi ucraini, ma contro l’umanità nel suo insieme». Anche le istituzioni culturali europee stanno facendo la loro parte, il museo Maxxi di Roma ha annunciato che devolverà gli incassi di oggi e di domenica prossima al fondo di solidarietà costituito da Unhcr, Unicef e Croce Rossa per l’emergenza umanitaria in Ucraina.

UN’ALTRA lettera, indirizzata stavolta agli artisti, è stata firmata dai direttori e dalle direttrici dei maggiori teatri francesi, e recita: «Di fronte all’urgenza e ai pericoli che corrono gli artisti costretti a fuggire dalla guerra siamo pronti a mobilitarci, ad aiutare ad accoglierli in Francia affinché possano continuare la loro attività e preservare così la libera espressione della cultura ucraina». Da Kiev arriva invece la voce di Sean Penn, dove l’attore e regista era già stato lo scorso novembre per lavorare ad un documentario sulla situazione del Paese, ed è proprio per filmare l’intervento militare russo che Penn è sul campo in questi giorni. Il presidente ucraino Zelensky ha pubblicato sui suoi social un video in cui i due conversano insieme, l’attore ha poi rilasciato una dichiarazione dal tono patriottico, indirizzata in particolar modo ai connazionali statunitensi: «Il presidente Zelensky e il popolo ucraino sono emersi come simboli storici di coraggio. Se gli permettiamo di combattere da soli, la nostra anima come America è perduta».