signorelli0
Si entra in un intero universo, aprendo le pagine del libro di Assunta Signorelli Praticare la differenza. Donne, psichiatria e potere, a cura di Dario Stefano Dell’Aquila e Antonio Esposito, con la prefazione di Renate Siebert, pubblicato da Ediesse (pp. 269, euro 14). Un universo articolato, ricco, variegato, come lo sono i quarant’anni di esperienza di vita, di lavoro pratico e teorico di Assunta Signorelli spesi nei centri di salute mentale, a partire dalla scelta compiuta nel 1970, quando era ancora studentessa di medicina, di lavorare con Franco Basaglia.
E non potrebbe essere diversamente, se si considera che il lavoro di Franco Basaglia, e di chi ha operato con lui proseguendo poi nello stesso cammino, ha realmente cambiato lo scenario della cura per la salute mentale nel nostro Paese. Non solo l’abolizione dei manicomi, la legge 180, lo stravolgimento dell’intero settore psichiatrico, ma il fervore della discussione, della ricerca, la gioia di poter vedere risultati reali, concreti. E insieme le difficoltà, gli ostacoli, esterni ma anche interni, i fallimenti.

Il libro di Assunta Signorelli, che si compone di materiali diversi, permette di ripercorrere l’intera esperienza. Con un’attenzione speciale all’essere donna. A come faccia la differenza, anche nella psichiatria, anche in istituzioni chiuse come i manicomi. Il Centro Donna – Salute mentale ha operato a Trieste dal 1992 al 2000, è nato dalla domanda se era possibile, «affrontare la malattia e scioglierla non in astratte diagnosi o in modelli interpretativi omologanti, ma nel riconoscimento della specificità di genere della sofferenza». Un lavoro che nasce dalla consapevolezza delle irriducibilità delle storie, di ciascuno e ciascuna, e dall’analisi accurata di che cosa sia effettivamente normale. In particolare quali prezzi comporti, per una donna, discostarsi dal modello normale di moglie e di madre. Negli anni, dall’inizio del lavoro di distruzione del manicomio, nel 1972, sono cambiate molte cose. È anche mutato il modo di considerare una donna. Eppure il nodo delle relazioni, il nesso tra modelli, sofferenza e potere è rimasto intatto.
In ogni caso non è l’unico fuoco del testo. Anzi, il libro si apre con un corpo a corpo con i maestri, Franco Basaglia e Frantz Fanon.

Corpo a corpo, certo, perché Signorelli non parte mai dalle teorie, dalla ricerche, parte dalla sua pratica. In questo caso dall’incarico che ha ricoperto in Calabria dove, per conto dell’azienda sanitaria di Paola, si è occupata della de-istituzionalizzazione di Papa Giovanni di Serra D’Aiello: «Uno dei cronicari disseminati nel nostro paese, dove, dopo la legge 180, grazie al legame sciagurato che tiene insieme politica, psichiatria e malaffare, sono state depositate persone con sofferenza psichica provenienti da manicomi in via di chiusura, dall’Ospedale psichiatrico giudiziario, e da territori poveri di servizi su 24 ore».

Per questo Assunta ritorna ai testi originali, e con Renate Siebert, sociologa, riscrive la storia di ciascuno dei ricoverati. Le sono preziose sia le pagine di Fanon, che assimila psichiatria alla colonizzazione, come ripercorrere i passi di Basaglia, che una volta arrivato al manicomio di Gorizia se ne sente prigioniero. Il resoconto dell’esperienza calabrese è illuminante. Ancora una volta si tocca con mano quanto forte sia la tentazione umana di fare soldi ed esercitare potere sulla sofferenza altrui, anche la più miserabile. E di quanto far vivere il desiderio possa cambiare, come suonano le parole Amos Oz, da lei citato: «Bisogna cominciare a desiderare. Trattenere forte, con tutte e due le mani perché la vita non scappi, spero che capiate cosa intendo dire. Altrimenti è tutto perduto».

La vita, il desiderio. Sono le parole chiave, hanno guidato anche l’incontro che si è intessuto tra vita, lavoro, creatività, quello con Fabrizia Ramondino. Una vacanza condivisa per caso ha portato a libri, spettacoli teatrali. Un’amicizia che è stata per sempre.