Noel Gallagher, il ragazzo cattivo del brit-pop, reduce da un intervista con Fabietto stroncò senza misericordia: «Quel programma è uno strazio». Prima di lui Madonna era andata a un pelo dal fare il contropelo all’intervistatore in diretta, ma il commento più puntuale fu di Bono, anche lui fresco di strazio, pardon d’intervista con Fazio: «Bisognerebbe cambiargli il nome in Mister Valium». Probabilmente non voleva essere un complimento, ma è facile che così sia stato preso dallo Strazio.

[do action=”quote” autore=”Bono”]«Bisognerebbe cambiargli il nome in Mr. Valium»[/do]

Un Valium via etere è precisamente quello che Fazio vuole essere, il personaggio che si è costruito e su cui ha costruito una carriera da slot-machine impazzita. Perché Fazio non è solo un giornalista, un imitatore, un presentatore, un autore di fiction, un predicatore, una spalla comica che nessuno ha usato meglio dell’amica Luciana Litizzetto.

Fazio è l’icona principe del veltronismo e non è un caso che la sua ascesa coincida con quella del «buono» per definizione, che nel Palazzo doveva subire ai tempi l’iniziativa di D’Alema, ma a viale Mazzini non conosceva rivali. Non che si sospettino spintarelle o altre magagne di quelle che mandano in visibilio i censori. È che la visione del mondo di Walter e la personalità del presentatore di Savona si sposano come il pane e la Nutella.

Nei 10 anni precedenti Fazio aveva fatto un po’ di tutto, dalle imitazioni all’ospite di professione con Loretta Goggi, saltando come uno stambecco da una rete all’altra. Incluso, a fine anni ’80, un programma su Odeon Tv dal titolo destinato presto a suonare come profezia: Forza Italia. Ma il botto arriva solo con gli anni del buonismo, dell’impegno civile purché all’acqua di rose, della sincera speranza in un mondo migliore però mai accompagnata da un filino di rabbia per quello peggiore. Con Quelli che il calcio, dal ’93, sfonda. Poi è tutta discesa. Macina ascolti, spopola a Sanremo portando di fronte al pubblico Pavarotti e Gorbaciov, si dà da fare per l’Africa proprio mentre Veltroni promette invano l’imminente partenza missionaria.

Senza perdere la soavità, Fazio si schiera, anche alla faccia della par condicio. Nel ’96 fa campagna alla grande per l’Ulivo anche se ammette che il suo cuore non batte per Prodi ma, chi l’avrebbe mai detto, per Walterino. Nel 2001 scende in campo di persona nella serata finale della campagna di D’Alema a Gallipoli. Silvio s’imbufalisce e lui emigra momentaneamente a La7. Fa in tempo ad andare in onda per una sola puntata, però, poi il rapporto si rompe. Lasciando nelle tasche del defenestrato una cifretta di tutto rispetto: 28 miliardi tondi.

Da quel punto di vista, in effetti, Fazio ha sempre dimostrato di sapersi fare i propri affari da maestro. L’intemerata contro chi minaccia di tagliargli la prebenda non stupisce e neppure andrebbe tacciata d’incoerenza con le tante belle parole pronunciate da solo e con Saviano, a modo suo un altro figlio naturale del veltronismo.

[do action=”citazione”]Fazio è il modello levigato e perfetto di quella sinistra sinceramente pronta a battersi per i diritti civili ma altrettanto pronta a soprassedere su quelli sociali[/do]

In fondo, Fazio è il modello levigato e perfetto di quella sinistra ascesa appunto con il primo segretario del Pd: quella sinceramente pronta a battersi per i diritti civili ma altrettanto pronta a soprassedere su quelli sociali. La sinistra che alla libertà ci tiene davvero, per tutti e senza discriminazioni. Però considera l’uguaglianza paccottiglia del passato remoto.

Il resto è storia ancora attuale: il succcesso di Che tempo fa, le teleprediche col santo di Gomorra, i duetti un po’ pruriginosi con «Lucianina», e soprattutto le interviste che al confronto Bruno Vespa fa la figura del ringhioso gladiatore. Si ammetterà che non è da tutti.