Assumendo il denaro come centro delle sue considerazioni, Walter Siti si muove a metà strada fra l’analisi sociologico-politica e la ricognizione psicologica, dedicando ampie parti del suo volume, Pagare o non pagare L’evaporazione del denaro (nottetempo, pp. 135, euro 12,00) all’analisi del passaggio da una economia industrial-nazionale a una finanziario-globalizzata, e d’altra parte – in forte continuità con la sua produzione narrativa – analizzando gli effetti di questa trasformazione strutturale sul piano della dimensione psicologico-personale.
Mente e corpo dell’individuo diventano così il campo d’indagine sintomatico di quanto accade sul piano dell’economia, le cui trasformazioni – evidenziate dai mutamenti del nostro rapporto quotidiano con quella forma-merce suprema e astratta che è il denaro – si scaricano sulla nostra psiche determinando il modo in cui viviamo.

Se la macro-analisi di Siti non presenta particolari tratti di originalità, il suo discorso si fa estremamente lucido quando passa al piano degli esempi prescelti, dimostrando ancora una volta la fondamentale importanza che ha per lui l’analisi fenomenica. Eppure, sarebbe un errore limitare la lettura al campo sintomatico, perché, come questo pamphlet vuole dimostrare, la consapevolezza di ciò che i sintomi nascondono («se non conosci il prezzo vero di nulla, alla fine non conosci nemmeno il tuo prezzo») è quanto ne permette l’analisi, incrinando, ma certo non distruggendo, il rapporto ingenuo che intratteniamo con la forma-denaro.

L’allargarsi della forbice fra un’economia ancora parzialmente fondata sul valore d’uso e una interamente fondata sul valore di scambio conduce, secondo Siti, a una progressiva smaterializzazione degli stessi desideri di consumo legati alla sfera del possesso. Non si pagherà più per acquisire gli oggetti desiderati: si pagherà per non modificare le abitudini consolidate, per non patire rogne burocratiche, per tranquillizzarsi la coscienza, magari praticando il consumo equo-solidale a fronte della delocalizzazione delle imprese e alle sue brutalità.
Alla fine la stessa forma-denaro arriverà a sublimarsi in una nuova astrazione: non si pagherà più né in moneta corrente né in moneta informatica bensì, come dimostra l’esempio attualissimo di Cambridge Analytica, in informazioni sul consumatore. Questo vuol dire che acquisteremo, ad esempio, il diritto a fare parte di una comunità virtuale (Facebook, Google) mediante la concessione di dati sulla nostra privacy che accresceranno lo stesso campo del consumo. Ed è così che si allenterà quello stesso legame, ai nostri occhi ancora indistruttibile, fra denaro e lavoro.

Naturalmente, Siti non prospetta soluzioni venate di nostalgia per i tempi andati, né crede che la smaterializzazione in atto possa darsi disancorata dalla sfera brutalmente materiale del capitale, del profitto, della produzione. La progressiva fantasmagoria della merce, per dirla con Marx, non modifica i meccanismi al cuore del sistema produttivo: incide invece sul rapporto che intratteniamo con essi e modifica la nostra capacità di individuarli e comprenderli.