Ho incontrato Maria Edgarda Marcucci detta Eddi che insieme ad altri 4 compagni rischia di essere sottoposta a regime di restrizione per la sua partecipazione alla resistenza siriana. E’ una giovane lucida, impegnata, appassionata e coraggiosa.

ecco il suo racconto:

E. Sono arrivata in Siria nel sett. 2017 con una delegazione per fare un reportage ma anche appunto fare un’informazione partecipata, nel senso che l’idea era quella di conoscere la realtà sociale rivoluzionaria del Confederalismo Democratico e rompere un muro di silenzio che attorno ad esso è costruito. Perché laddove si parla poco di Siria, si parla solo della guerra e non si menziona minimamente quella che è la rivoluzione, quello che è il modello sociale che si sta costruendo. A malapena si nomina, perché non è ignorabile, la forza militare delle YPG e YPJ ma poi su tutto quello che è il progetto sociale, il Confederalismo Democratico, sulla realtà quotidiana che si sta costruendo con le istituzioni confederali si sa poco niente. Dalla resistenza di Kobane, come tanti altri, io mi sono interessata un po’ di più di questa cosa e, da persona convinta che le cose così come stanno non vanno e che debbano essere cambiate, ho preso contatto col fatto che oltre alla guerra c’era la rivoluzione e che godeva di buona salute. Questa è l’unica esperienza rivoluzionaria di questi anni e quindi è la prova concreta che la possibilità di andare in un’altra direzione di fatto c’è.

A. soprattutto in un posto così difficile

E. Pensa alla resistenza di Kobane: nel 2011 c’è stata la cacciata di Assad e poi la resistenza contro Daesh nel 2014 che è stata una seconda liberazione e che ha cambiato le sorti della guerra all’ISIS. Il Medioriente viene menzionato solo per conflitti armati e per fare propaganda xenofoba, non si parla minimamente di quella che è la realtà sociale.

A. raccontamela tu

E. Anche della guerra si sa poco: che viene portata avanti con i 6 miliardi di fondi europei dati alla Turchia per l’immigrazione, 6 miliardi già stanziati, che, in modo consapevole, perché nessuno di coloro che hanno approvato questi fondi lo ignora, sono andati ad armare la Turchia che li ha spesi in carrarmati e apparati di sicurezza. Sostanzialmente in guerra. Per non parlare del fatto che tutte le armi impiegate in questi massacri sono prodotte o finanziate dai nostri Paesi. Ci sono interessi economici che si giocano in questa partita tali da far parlare di terza guerra mondiale. Il blocco euro-atlantico e quello asiatico si contendono il potere e il loro campo di battaglia è il Medioriente. La Siria è al centro di questi interessi, è un territorio ricchissimo di risorse e a livello geopolitico chi ne ha il controllo gode di grosso potere, non c’è una potenza che non sia coinvolta in questo conflitto. Comunque parlando della realtà sociale io conosco quella della Siria del nord, conosco quella rivoluzionaria. Il Rojava ma non solo. Si è partiti da lì che è a maggioranza curda ma adesso parliamo di Confederazioni Democratiche nella Siria del Nord e dell’Est e arriviamo a Deir Ezzor, a territori che sono a maggioranza araba per esempio. Quella è una parte di mondo che da millenni vede la convivenza di popoli differenti, tantissime religioni, culture, etnie. Questa rivoluzione non è portata avanti su base etnica, seppure partita con una netta maggioranza curda non ha mai voluto caratterizzarsi in questi termini, infatti la stessa realtà delle forze siriane democratiche è molto variegata, partecipano alla difesa della rivoluzione tutti coloro che animano le strutture confederali. La realtà sociale lì è per me qualcosa di straordinario, qualcosa che non avevo mai visto, perché il potere è alla base, nel senso che ci si amministra col sistema delle comuni; una comune è formata da un gruppo di 150 famiglie, non di più, quindi a seconda del luogo in cui ci si trova un quartiere o due vie o un intero villaggio. La comune ha un’autonomia assoluta nell’amministrare la vita della propria comunità, ovviamente quando si deve prendere qualche decisione che riguarda la comune a fianco ci si riunisce allargando il territorio. Parliamo di un sistema in cui vivono milioni di persone però il meccanismo è sempre circolare, nel senso in cui le decisioni che vengono prese, proposte dentro la comune risalgono tutti gradini dei comitati: dai rappresentanti della comune a quelli dell’area, a quelli della religione, tutto il cantone , tutta la regione, se il gradino più alto della rappresentanza ha delle osservazioni da fare rispetto a ciò che la comune ha chiesto di approvare si rifà il cammino al contrario e si ridiscute nelle comuni e si ripropone una modifica che rifarà gli stessi passaggi. Questo richiede ovviamente un grosso impegno e lavoro però è un lavoro che vale la pena fare perché ne va della vita di tutti. Ogni comune ha almeno una decina di comitati formati sempre da un uomo e una donna, non esiste una forma associativa che non abbia la copresidenza

A. parlami della condizione femminile

E. non esiste nulla che non abbia questo sistema di copresidenze formate da un uomo e da una donna e questo in qualunque forma associativa che sia un gruppo religioso o politico o di gestione di cooperative. L’economia si sta modificando secondo i principi di ecologia, democrazia, libertà delle donne e soprattutto contro ogni forma di parassitismo sociale; la proprietà privata non è vietata ma non è possibile superare certi limiti in modo che non ci sia chi ha troppo e chi non ha niente, non vengono fatti espropri e se ci sono terreni che sono stati abbandonati da chi è emigrato si cerca di rintracciarlo per comunicare che si va a coltivarlo. Ogni ambito, ogni istituzione ha la sua frangia autonoma, per esempio in questi comitati che gestiscono le comuni ce n’è sempre uno di sole donne che è quello che avrà la funzione di discutere di quelle che sono le loro esigenze. Perché la libertà delle donne è uno dei principi cardine attorno a cui si costruisce il Confederalismo Democratico ed essa va garantita nella pratica, ciò avviene grazie alle strutture autonome delle donne in cui sono loro stesse che risolvono i propri problemi, si organizzano, non solo partecipano, sono protagoniste della vita collettiva generale.

Questa rivoluzione secondo me ha il pregio di ispirarsi ad un’ideologia che fa un corpo a corpo serrato con tutte le altre esperienze rivoluzionarie, c’è una lettura della storia molto chiara, c’è la storia del dominio, c’è la storia dello Stato dell’accentramento, ma c’è anche una storia della resistenza, della civiltà democratica. Noi ci collochiamo in quella linea, siamo nella storia della resistenza, il capitalismo è una forma di dominio globale ma non è l’unica. Il capitalismo ha avuto delle condizioni di possibilità su cui affermarsi una di queste è il patriarcato, la prima rottura della società effettivamente è l’inizio del dominio dell’uomo sulla donna che poi porta al dominio dell’uomo sull’uomo e poi sulla terra e a tutto quello che vediamo in questo momento… una delle critiche all’ esperienza sovietica ed altre esperienze rivoluzionarie è quella di aver sacrificato, aver considerato secondaria, la questione dell’emancipazione femminile. L’ideologia del movimento confederale dice chiaramente che senza emancipazione delle donne non può esistere alcuna emancipazione; non si può costruire una società libera se il pezzo più oppresso di questa società non conquista la propria libertà e le donne sono il pezzo più oppresso di tutte le società ovunque. Nel momento in cui le donne cambiano la propria condizione, cambiano i rapporti nella società tutta. Prendersi la responsabilità del proprio quotidiano e delle future generazioni crea una comunità coesa, una comunità che sa che la propria forza è nel proprio vicino. Una cosa che mi ha spinto a far parte della struttura militare è il concetto di autodifesa, di come l’autodifesa sia qualcosa che si costruisce con gli altri e dia la possibilità di non sentirsi un atomo impazzito…qui ci sono i militari in mezzo alle strade ma scoppia un petardo e la gente impazzisce e questo non per dire che la gente è stupida ma perché non sta nell’avere truppe armate dello Stato il senso di sicurezza. Quella della e lotta armata nella guerra è una tragica necessità perché se ti attaccano con i mortai, con l’artiglieria e con i kalashnikov a ciò non si può rispondere con qualcosa che non sia un’arma da fuoco. Per me è stato un impatto incredibile, mi ha molto colpito come da dentro un corpo armato si sottolineasse sempre e comunque che cosa effettivamente crea la sicurezza della società, che non è tanto il fatto che ci sono le YPG e le YPJ ma quanto chi sono e che funzioni svolgono e soprattutto per cosa combattono. Perché tanto le resistenze di Kobane quanto quella di Afrin sono state proprio resistenze popolari perché i civili non hanno abbandonato il cantone finchè non è arrivato un ordine dal comando militare perché si stava pagando un prezzo troppo alto in vite umane e quindi hanno dovuto abbandonare la città. Si vede come la determinazione, il motivo che ti spinge a resistere faccia la differenza sul campo di battaglia, diventa anche una questione che pesa nella tattica perché il fatto che ci sia una società da difendere, che è la società che ognuno si sta costruendo con le proprie mani, di cui ognuno si sente parte (non esiste un entità governativa lontana che non t’ascolterà mai) tutto quel che è nel territorio è nelle tue mani, la casa dove abiti ma anche il concime che usi dipende da te, dal tuo metterti in gioco, dall’assumerti la responsabilità della vita che conduci, questo fa una differenza enorme.

A. immagino che una motivazione così forte dia anche coraggio perché ci vuole coraggio

E. la gestione collettiva della tragedia della guerra, che è una cosa subita, diventa la battaglia per la tua libertà, per la società in cui credi, che vuoi abitare. C’è un orgoglio molto forte nelle famiglie che hanno pagato i prezzi più alti per questa battaglia. Non c’è mai il dubbio del perché sia successo, c’è un senso sociale fortissimo che si manifesta in tutti gli ambiti e in questo in particolare. I martiri sono il valore più alto di questa rivoluzione perché tutti sanno che senza di loro non si sarebbe arrivati a poter costruire tutto quello che si sta costruendo, quindi ci sono foto dei martiri in tutte le strade, ci sono riti collettivi pubblici, i riti funerari dei martiri sono sempre un affare cittadino e non solo perché coinvolge tutta la comunità ma perché tutti sanno che quella vita è stata fino all’ultimo istante spesa per combattere per un obiettivo comune e questo non vale solo per chi muore nel campo di battaglia nel senso che chi dedica la vita a questa rivoluzione e poi la perde è un sempre e comunque un martire. Ci sono delle strutture come l’associazione delle famiglie dei martiri che si occupano dei riti, delle celebrazioni, di capire come sta la famiglia materialmente e emotivamente. Ci si sta molto vicini e spesso chi fa parte di queste associazioni si occupa di preparare i corpi per i funerali. Quando ero a Kobane mi hanno raccontato di una delle madri dell’associazione che si occupava di rimettere insieme i corpi dilaniati dei caduti in battaglia, vestirli e preparali per il rito funebre, che si è trovata davanti al corpo del proprio figlio. Le altre donne le hanno chiesto se voleva ci pensassero loro, perché è troppo duro ricomporre il corpo del proprio figlio, la donna ha risposto:” perché gli altri non erano figli miei? Tutti erano miei figli. Questo è uscito dal mio ventre ma gli altri erano parte della mia vita quanto lui”. Quindi capisci la forza che la società da alla società stessa. Per questo il concetto di autodifesa è qualcosa che ha veramente solo in ultima battuta a che fare con le armi, come anche il concetto di vendetta che non è occhio per occhio, non è uccidere la persona per la cui mano il tuo compagno è caduto, vendetta vuol dire costruire il mondo per cui quella persona ha dato la vita, vendetta vuol dire creare la realtà per cui quella persona ha dato tutto

A. non demordere

E. arrendersi è tradire, la vergogna più alta è il tradimento perché tradire la rivoluzione, tradirne i valori, vuol dire tradire sé stessi, tradire la propria società cioè qualcosa che è molto più grande dell’individuo. Come dicevo è importante superare l’egoismo, il piccolo tornaconto personale, anche se questo vuol dire lavorare molto su sé stessi, per costruire una comunità forte fatta di individui forti. Il che non vuol dire che si perde, si scioglie, la propria volontà in quella comune ma che la si mette tutta insieme. Così si ha la forza e la capacità di raggiungere qualunque obiettivo per creare il migliore dei mondi possibile per tutti, non per scontentare un po’ te e un po’ me, no, si cerca di andare al rialzo, si continua a discutere, si usa tutta la forza di un’intelligenza collettiva e si trovano le soluzioni. Per me è particolarmente odiosa la richiesta di sorveglianza speciale in questo momento non tanto per la limitazione della libertà delle persone verso cui è richiesta, e perché è un provvedimento di diretta emanazione del ventennio, ma anche perché denota la grettezza di chi si permette di mettere bocca su qualcosa che non conosce perché ha avuto l’agio e la fortuna di nascere in una parte di mondo in cui la guerra non è una realtà quotidiana con cui confrontarsi. Adesso è un momento in cui la rivoluzione è fortemente minacciata, Erdogan dice tutti i giorni che non vede l’ora di sconfinare, di conquistare altro territorio, è un momento in cui la rivoluzione è sotto attacco e ancora una volta il popolo siriano si trova sotto l’imminente minaccia di un nemico che ha già dimostrato nei decenni, solo di recente nell’invasione di Afrin, di non avere nessuno scrupolo nel perseguire i propri obiettivi. Quando la Turchia ha invaso Afrin non si è fatta problemi a bombardare ospedali, riserve di cibo, sono tantissimi i civili che hanno perso la vita durante l’invasione. Quindi in un momento in cui bisognerebbe solo difendere questa esperienza sociale e fare il proprio ruolo nel difendere questa popolazione che non è “destinata” a vivere in guerra , non è nel “destino” delle popolazioni Mediorientali la guerra infinita, ci sono dei responsabili, ci sono dei motivi, di queste responsabilità noi siamo compartecipi, allora che ruolo vogliamo svolgere? In questo caso lo Stato Italiano non solo continua a sostenere la Turchia economicamente e politicamente, ora anche la Procura di Torino esprime la propria posizione vergognosa. Dopo essere stati in quel territorio vedere una stretta di mano, un accordino, una firma fatta in albergo lussuoso e sapere che il giorno dopo causerà la morte di centinaia di persone, e non è una notizia al telegiornale tra le altre è la realtà tragica di intere popolazioni, è tremendo. Comunque difendere loro significa difendere anche noi stessi perché qui non c’è un sistema tanto più umano, i mandanti sono qui e sono coloro che fanno le regole in cui viviamo ora, quindi è chiaro che fare qualcosa per loro, con loro, vuol dire fare qualcosa anche per noi. Il legame che ho di riconoscenza, di responsabilità e di debito sia nei confronti di coloro che non ci sono più sia nei confronti di coloro che sono lì ora, perché adesso si parla tanto di noi che siamo tornati ma sono in tanti, italiani e di molte altre nazioni, e di tutta la popolazione che vive lì tutti giorni è un legame fortissimo che non ho nessuna intenzione di recidere anzi penso che sia linfa vitale.

A. la vostra testimonianza è importante

E. Ora noi abbiamo l’occasione di parlare non solo del nostro caso ma di puntare i riflettori su quello che sta accadendo, su chi è lì e sta rischiando la vita. E la responsabilità di far sapere a chi pensa che un altro mondo sia non solo possibile ma necessario e di dire a gran voce che è giusto, è vero e c’è, si può fare perché non è un fungo nato con la pioggia di ieri. C’è stato un lavoro del Partito di Unione Democratica (PYD) nato nel 2003 in clandestinità sotto il regime spietato di Assad, che è stata la forza politica che ha guidato il processo che ha portato il Rojava a dichiarare l’autonomia democratica nel 2011. Nel 2011 è insorta tutta la Siria, solo in una parte della Syria l’esito di questa insurrezione ha creato una realtà sociale tra le più belle e importanti esistenti.