Capelli verdi pistacchio, corpo diafano e pallidissimo, quasi come la luna. E negli occhi una solitudine immensa: Irma saluta i suoi amici che la vanno a trovare nel piazzale dove sosta il suo carrozzone, ma non può uscire da quella casa improvvisata e nomade. Ha una coda di pesce, ma è di gomma e si indossa a piacimento, una finzione, un seriale trucco da palcoscenico. Almeno per il momento.
A cercarla è Natalino con la sua bicicletta, la guarda estasiato. Lei è l’attrazione più bella di un circo famigliare che arriva ogni anno alla periferia di una città non ben definita. E quell’apparizione della «prigioniera», ragazza intrappolata in uno zoo umano, sconfina subito nel sogno, forza la realtà per trasportare altrove chi si trova fuori dalla cornice della pagina.

Così come è giusto che sia in ogni favola che si rispetti, la trama vira verso l’onirico e ha un finale aperto, solo a metà attraversato dal brivido dell’happy end, perché poi può capitare di svegliarsi e che nulla sia più rassicurante o credibile come prima.
D’altronde, a raccontare quello «ieri» poetico, aggirandosi nei dintorni di un tendone a strisce dove ci si intrufola preferibilmente di notte senza pagare nessun biglietto, c’è uno scrittore come Antonio Tabucchi, qui alle prese con uno dei suoi primi racconti: Irma Sirena che Feltrinelli propone in un albo tutto per sé, con le illustrazioni di Gabriella Giandelli (pp. 32, euro 13), dopo che la fiaba era già apparsa, sempre per la stessa casa editrice, nella raccolta L’Astromostro (uscita nel 1980).

Secondo Tabucchi molta letteratura nasce proprio dalla «disponibilità alla menzogna». È per questo che Irma, senza preavviso alcuno, diviene creatura guizzante e fantastica, con una coda vera, lucente e liscia che «sulla strada sterrata lasciava due fili argentei come le rotaie del tram».
Abbandona la sua identità di fenomeno da baraccone e sale fiduciosa sul sellino di Natalino. Ritrova la libertà in un fiume, sprofondando con un ardimentoso tuffo nei suoi abissi. Fugge Irma, finalmente, dalla ribalta dei freak-show, accettando il mutismo cui la inchioda quel suo essersi trasformata in sirena vera. Anche una antenata come la sirenetta di Andersen, in fondo, pagò il desiderio di ribellione alla sua natura con la condanna al silenzio delle emozioni: un procedimento che, nelle due storie messe a confronto, si incrocia rovesciando le prospettive.
Nelle innumerevoli finzioni possibili – e capovolgimenti di fronte – che auspica sempre lo stesso scrittore nel gioco di specchi che instaura con il lettore, Irma proseguirà (forse) il suo viaggio lontano da tutto e da tutti, lasciandosi alle spalle la vasca dell’acquario in cui era costretta a cantare tristemente per il pubblico, mentre un baffuto signore la presentava come orfana di madre, rapita dalla nostalgia del mare.
Un albo fantasy questo, che arriva sugli scaffali delle librerie in concomitanza con una serie tv proprio dedicata alle sirene, rispolverando antiche leggende e assicurandosi un appeal di lungo respiro.