L’altro giorno Judi Matz scriveva su Haaretz che se dei marziani atterrassero a Givat Brenner, uno dei kibbutz più grandi di Israele, penserebbero che la lotta per la vittoria alle elezioni legislative del 2 marzo sia solo tra l’alleanza di centrosinistra formata da Laburisti, Gesher e Meretz e la lista centrista Blu Bianco guidata dall’ex capo di stato maggiore Benny Gantz. In questo kibbutz gli abitanti proclamano che voteranno per queste due liste, le altre per loro non esistono. Nessuno si illuda. All’uscita di Givat Brenner c’è la realtà politica israeliana, dominata dalla destra e dove è svanita la sinistra sionista. Il Meretz, l’unico partito sionista che appena un anno fa chiedeva la fine dell’occupazione militare dei Territori palestinesi, per sopravvivere si è unito ai Laburisti dell’ex sindacalista Amir Peretz e a Gesher, un piccolo partito della destra sociale guidato da Orli Levi-Abekasis.

 

Questa alleanza dovrebbe garantire ai tre partiti il superamento della soglia elettorale, fissata a poco più del 3%, e la permanenza alla Knesset. Ma un insuccesso non è da escludere. I sondaggi danno in testa il Likud del premier di destra Netanyahu e gli appelli al “voto utile” per Blu Bianco, in modo da mandare a casa il primo ministro – al potere da 10 anni e che a metà marzo andrà sotto processo -, toglierà non pochi voti a Peretz, Levi-Abekasis e a Nitzan Horowitz, il giornalista che lo scorso giugno ha preso il posto di Tamar Zandberg alla guida del Meretz. Da allora l’unico dei partiti che si proclama di sinistra ancora in vita è nell’occhio del ciclone ed è stato abbandonato da tanti suoi militanti.

 

«Horowitz ha cambiato le linee programmatiche del Meretz» ci spiega l’attivista Shakaf Weinstein, 26 anni di Tel Aviv «il nuovo leader pensa che la questione palestinese non attiri nuovi sostenitori. Perciò ha spostato il partito verso i temi sociali, le battaglie per l’ambiente, i diritti civili e i diritti della comunità Lgbt». Temi importanti ma che non bastano a chi considera fondamentale non dimenticare i diritti dei palestinesi sotto occupazione. La linea di Horowitz ha causato l’abbandono del partito da parte di Issawi Frej, unico deputato arabo del Meretz al quale era stata riservata nella lista elettorale una posizione senza alcuna possibilità. «Non è una questione personale, non parlo per me, dico però che avermi assegnato quella posizione significa che il Meretz non ritiene importante la presenza di deputati arabi nei suoi ranghi», si è lamentato Frej.

 

La delusione è diffusa. «Qui non siamo a Stoccolma dove la sinistra lotta per i salari e le pensioni» commenta Yehuda Shaul, fondatore di Breaking di silence, associazione che raccoglie le testimonianze di soldati che rompono il silenzio su abusi a danno dei civili palestinesi compiuti dai militari. «Siamo in Israele» aggiunge perentorio, «un paese che occupa un popolo da decenni e nega diritti fondamentali ai palestinesi. In Israele una sinistra che guarda solo ai diritti civili e non combatte l’occupazione militare non può essere considerata sinistra».

 

Gli orfani del Meretz pre-Horowitz e del centrosinistra dei tempi degli accordi di Oslo tra Israele e Olp, sono nel dilemma alla vigilia del voto del 2 marzo. «La parte più consistente di questi indecisi probabilmente sceglierà Blu Bianco» prevede Shakaf Weinstein «non perché siano d’accordo con Gantz, al contrario lo contestano. Lo faranno nella speranza di vedere la fine politica di Netanyahu e la sconfitta del blocco delle destre». Una parte, più esigua, aggiunge l’attivista, invece voterà per la Lista araba unita, ossia i quattro partiti dei palestinesi in Israele, quindi non sionisti.

 

Lo sviluppo è inedito. Certo, il Partito comunista (composto in maggioranza da cittadini palestinesi) ha sempre ricevuto una piccola quota di voti di israeliani ebrei. Si tratta però di voti di sostenitori dello stato binazionale ebraico-arabo. Quelli che dovrebbero arrivare alla Lista araba dal Meretz invece sono voti in prevalenza di ebrei giovani, progressisti ma sionisti, e parte della classe media. Ilan Schiff, 28 anni di Ramat Aviv, spiega che voterà per la Lista araba «perché ha una posizione chiara contro l’occupazione e si esprime senza ambiguità su molti temi. Il Meretz non lo fa più e i Laburisti non sono nemmeno di sinistra. Non mi spaventa che la Lista abbia un programma nazionalista, gli arabi sono discriminati in Israele ma parlano di interessi comuni per ebrei e arabi e di lotte da portare avanti insieme».