Per la prima volta nella storia turca, la sinistra filo-kurda va al governo. Sono due i ministri del partito di Demirtas ad aver giurato ieri nell’esecutivo di Ahmet Davutoglu che traghetterà il paese verso le elezioni del primo novembre. Si tratta di Muslum Dogan, ministro dello sviluppo economico, e Ali Haydar Konca, ministro degli affari Ue.

I due hanno disertato la cerimonia di insediamento in solidarietà con le vittime degli scontri che stanno causando centinaia di morti tra civili e militanti del partito di Ocalan (Pkk). Si è invece rifiutato di entrare nel governo a maggioranza Akp, Levent Tuzel, ex leader del partito del lavoro (Emep) e deputato di Hdp, in polemica con i continui attacchi dell’esercito turco in Kurdistan.

Il leader carismatico di Hdp Salahettin Demirtas aveva dato ai suoi deputati il via libera alla partecipazione all’esecutivo per meglio controllare la campagna elettorale. Il partito di sinistra per la prima volta nella sua storia era riuscito ad entrare in parlamento lo scorso 7 giugno, superando la soglia del 13%. Nonostante Giustizia e sviluppo, il partito di Erdogan, abbia ottenuto oltre il 40% dei voti non ha raggiunto la maggioranza assoluta come auspicato dal presidente per procedere con riforme super-presidenzialiste. Sono falliti poi i lunghi colloqui per la formazione di un governo di coalizione con i kemalisti (Chp). E così si avvicina la data delle elezioni anticipate.

Il nuovo gabinetto è formato anche da 12 politici di Akp, 11 indipendenti e un deputato degli ultranazionalisti di Mhp. Il partito si è rifiutato di partecipare al governo e ha minacciato Tugrul Tyrkes, il deputato che ha accettato l’invito di Davutoglu alla carica di vice premier che fu di Bulent Arinc, di espulsione dal partito se non si dimetterà nelle prossime ore. In polemica con la mancata formazione di un governo di coalizione, cinque deputati del partito di Kilicdaroglu (Chp) hanno rifiutato di partecipare al governo. Ma questo esecutivo ha già abbattuto molti tabù.

Ci sarà anche per la prima volta una donna ministro che indossa il velo. Si tratta di Aysen Gurcan, ministro della famiglia e delle Politiche sociali. È una delle conseguenze delle riforme in senso permissivista per l’uso del velo nei luoghi pubblici, incluse le università, volute da Erdogan. Eppure la tensione nel Kurdistan turco non si placa.

Cinque sono i morti nelle ultime ore a Tunceli. La polizia ha sparato contro un veicolo a Qoser (Kiziltepe) nel distretto di Merdin uccidendo Mazlum Turan, di appena 16 anni, e ferendo altre due persone.

Lo scorso venerdì due giovani sono stati freddati a Bazid, vicino alla città di Agri. Due giornalisti britannici di Vice, Jake Hanrahan e Philip Pendlebury, insieme al loro traduttore, sono stati arrestati ieri a Diyarbakir e non sono ancora stati rilasciati. Decine di città hanno dichiarato l’autogoverno in seguito ai continui attacchi delle autorità turche.

Demirtas ha ammesso che questa è l’unica chance che resta a cittadini costretti a subire la violenza dello Stato. Le autorità turche hanno impedito ai rappresentati di Hdp di entrare nella provincia di Hakkari dopo i gravi scontri di Yukesova, costati la vita a cinque persone tra cui due bambini.

Sulle mura della città sono apparse scritte contro Erdogan. «Se diventate come Isis noi diventiamo come Kobane», si leggeva in riferimento agli annunciati attacchi contro lo Stato islamico in Siria diventati un pretesto per colpire il Pkk. Il ministro degli Esteri uscente aveva sottolineato che i combattenti kurdi (Ypg-Ypj), fondamentali per le vittorie nel Kurdistan siriano (Rojava) contro lo Stato islamico, avrebbero avuto d’ora in avanti solo un ruolo marginale.

Lo scopo di Ankara è di disattivare le mire indipendentiste dei cantoni di Kobane, Efrine e Jezira che hanno conquistato una parziale continuità territoriale con la liberazione di Tel Abyad e Hassake. A preoccupare i turchi sono anche i legami stabili tra il partito democratico unito (Pyd) siriano e il Pkk turco.

Per la prima volta ieri, jet turchi hanno partecipato alle operazioni della coalizione internazionale, insieme agli Stati uniti, contro Isis in Siria. Sarebbe quindi in dirittura d’arrivo la formalizzazione dell’accordo Ankara-Washington per la formazione delle famigerate safe-zone turche in Siria.