«Il futuro del paese», questo lo slogan che mercoledì 26 giugno ha spinto quasi tutte le forze progressiste del paese all’incontro promosso dal Raggruppamento per la Cultura e la Democrazia (Rcd) di Mohcine Belabbas, per discutere l’impasse politica del paese.

Il Partito dei lavoratori (Pt), il Fronte delle forze socialiste (Ffs), il Movimento democratico e sociale (Mds), il Partito socialista dei lavoratori (Pst) con numerose ong, come la Lega algerina per i diritti dell’uomo (Laddh), hanno prodotto un documento unitario, il «Patto nazionale», per trovare una soluzione all’attuale stallo. Il manifesto ne ha discusso con Djoudi Djelloul, responsabile della comunicazione e segretario nazionale del Pt, principale forza politica della sinistra algerina.

Quali sono le principali richieste del Patto nazionale?

La prima condizione richiesta è l’immediata liberazione di tutti i detenuti politici e d’opinione, prima tra tutti la segretaria generale del nostro partito Louisa Hanoune. La seconda condizione imprescindibile rimane la libertà politica e d’espressione e l’immediata cessazione della repressione e delle minacce contro i cittadini, gli attivisti dei partiti politici, il movimento associativo, i sindacalisti, gli attivisti dei diritti umani e i giornalisti. È il tentativo delle opposizioni politiche del blocco della sinistra algerina di proseguire insieme al popolo per un totale cambio dell’attuale sistema di potere.

Come cambiare il sistema, quindi?

L’organizzazione di un’elezione presidenziale sotto l’attuale sistema servirà solo a rigenerarlo. Esiste, al contrario, la necessità di preservare il carattere pacifico, unitario e nazionale del movimento popolare con l’obiettivo di stabilire un processo costituente sovrano che tenga finalmente conto delle aspirazioni democratiche e sociali della maggioranza della popolazione. La nostra proposta rimane la convocazione di un’Assemblea costituente che includa tutte le realtà politiche, sociali, economiche, culturali per scegliere il sistema politico che gli algerini preferiscono. Purtroppo non è stato possibile farlo nel 1963 né nel 1998, ora è arrivato il momento di cambiare per fare quelle riforme costituzionali che il popolo chiede e ottenere un radicale cambiamento democratico. Diventa fondamentale, ad esempio, comprendere se tutte le realtà politiche, sociali e culturali vogliono passare da una repubblica presidenziale, forse meno rappresentativa, a una parlamentare.

Il potere politico è realmente disposto a iniziare questo dialogo con le forze di opposizione?

Il dialogo del potere politico con l’opposizione e l’hirak (movimento) non è una scelta, ma sarà una necessità. Non si può fare appello al dialogo e contemporaneamente imprigionare tutti gli oppositori e quelli che non sono d’accordo con il regime. Quando tutti i prigionieri politici verranno liberati, allora sarà possibile un confronto. La protesta non si fermerà e il potere comprenderà che non ha altra scelta, se non quella di accettare la volontà popolare per una nuova Costituzione che preveda l’instaurazione di uno stato di diritto capace di garantire tutte le libertà di una vera democrazia.

Qual è la situazione di Louisa Hanoune, incarcerata dallo scorso maggio?

Louisa Hanoune resta ancora in stato di fermo a causa delle sue posizioni politiche contro l’attuale sistema di potere che, così, cerca di far tacere un esponente politico. Soffre, purtroppo, di alcune malattie croniche che l’hanno debilitata e l’hanno fatta peggiorare in queste settimane, ma dopo 45 anni di militanza, lotte sindacali, sociali e politiche il suo morale è buono. Louisa Hanoune è una donna forte e quotidianamente dimostra la sua determinazione a combattere a fianco del popolo algerino, anche come prigioniera politica. Una volontà che si rinforza grazie anche alla crescente mobilitazione nazionale e internazionale (con manifestazioni di solidarietà in oltre 77 paesi nel mondo) che ne richiede l’immediata scarcerazione e ne riconosce un ruolo politico fondamentale in questo periodo di proteste e di transizione.