Il futuro che si vuol costruire in Italia assomiglia molto alle vicende torinesi dell’alta velocità in val Susa. Accade che in una conferenza stampa la sindaca 5 Stelle Chiara Appendino annunci che uscirà dall’osservatorio tecnico sulla Torino-Lione, ovvero dal luogo del confronto tra tutti coloro che sono coinvolti dal progetto Tav. Sindaca e consiglieri fanno sapere che lunedì prossimo voteranno una mozione che impegna il Comune di Torino ad uscire da tale organo, che dovrebbe essere super partes, perché reputano l’investimento nella Torino-Lione anti economico e anti storico.

Il Progetto perde quindi la parte che gli dà il nome, non un paese o una media cittadina di valle: un cambiamento non meramente «simbolico», ma politico. E pratico. La reazione dei proponenti, un variegato gruppo che comprende politici del Partito democratico in prima linea, costruttori, banche e giornali militanti, è un coro: «Una decisione simbolica che non cambia nulla. L’opera si farà». Per altro non una novità, dato che «l’opera si farà» è il mantra che prosegue da oltre venti anni. Viene da domandarsi quale sia stata la funzione dell’osservatorio, in vita da ormai dieci anni, se in tale sede le decisioni sono squisitamente «simboliche».

La vicenda intreccia con il referendum costituzionale di domenica, e giunge come plastica prova che l’accentramento che scaturisce dalle modiche che si vogliono apportare alla Carta, ricalca il modello val Susa-Torino. Le comunità locali, per quanto siano numerose e influenti, possono essere ignorate: l’opera si farà, quello che decide un sindaco di una città «pesante» come Torino è ininfluente. Influenza ha, come nel caso di chi precedeva l’attuale sindaca pentastellata, solo chi è d’accordo.

Questa sera Beppe Grillo salirà su un palco in piazza Castello, per chiudere la campagna referendaria del M5S, e con lui ci sarà anche Chiara Appendino che porterà in dote un punto politico molto caro al capo. La decisione di uscire dall’Osservatorio giunge dopo mesi di indecisioni e scontri sotterranei all’interno del M5S e con il movimento Notav giunto a minacciare pesanti contestazioni nel caso l’uscita fosse stata posticipata rispetto alla ratifica definitiva del progetto tra Italia e Francia, prevista per metà dicembre.

La decisione di uscire dall’osservatorio, che genererà forte frustrazione in quel Sistema Torino che manifestava entusiasmo per i primi mesi della neo sindaca, è il primo punto del programma originario che viene completamente realizzato. La giunta Appendino vive mesi travagliati, condizionati da un bilancio trappola lasciato in eredità, che ha generato una radicale involuzione rispetto alle promesse elettorali. Lo scontro con il comitato dell’acqua pubblica ha lasciato profonde ferite, così come il cedimento su quasi tutte le varianti urbanistiche ricevute in eredità prevedono centri commerciali, insediamenti abitati d’impatto e cemento a profusione. La decisione di uscire dall’osservatorio rinsalda le file degli attivisti, calma i contestatori interni, e ridà morale a chi vedeva un pragmatismo fin troppo entusiastico nei primi sei mesi della sindaca.

Il senatore Stefano Esposito, che solo due giorni fa aveva scritto una beffarda lettera proprio alla sindaca, in cui la ringraziava per essere a favore del Tav, commenta: «La Torino-Lione è una infrastruttura che si sta realizzando, nessuna mozione la potrà interrompere, e il sindaco lo sa bene, però per tenere buoni i suoi consiglieri comunali li fa giocare a fare i No Tav». Non l’ha presa bene. Dove si stia realizzando la Torino- Lione, che da lunedì dovrebbe cambiare denominazione, è ignoto: a Chiomonte si sta scavando un semplice cunicolo esplorativo.