The Last World, il titolo originale (in Italia Adorabile nemica), aderisce forse meglio alla protagonista del film di Mike Pellington, Harriet Lauler, una donna anziana, con una carriera di successo come pubblicitaria alle spalle che vuole sempre avere l’ultima parola. Su chiunque e su qualsiasi cosa.

 

 

Molto ricca, la detestano proprio tutti, familiari, ex-colleghi di lavoro, il prete e un po’ pure la parrucchiera che le fa servizio a domicilio. Nella villa lussuosa, siamo a Bristol, sono rimasti con lei solo la silente cameriera african american, e il giardiniere filippino a cui la nostra Harriet impartisce lezioni. Già perché l’ossessione del controllo ha guidato la sua vita, o almeno è quello che ha mostrato agli altri, ai tempi da sfidare, quando era difficile per una donna lavorare o essere più ricca del marito. Alla figlia che è sparita da anni – ed è di venuta una sua nevrotica quanto sbiadita copia – ai suoi soci che in realtà l’hanno fatta fuori dalla società che lei stessa ha fondato.

 

 

Forse  è per questa ragione, o per dimenticare il silenzio delle stanze vuote, quando non bastano vino rosso e sonniferi, che a Harriet viene in mente di ingaggiare Anne Sherman (Amanda Seyfried), una giovane cronista scrittrice di necrologi per un giornale locale che lei ha spesso finanziato. La ragazza è sola pure lei anche se la sua è una casetta piccola e al vino preferisce la birretta, ferita dall’abbandono anni prima della madre. Saranno scontri, liti, ma anche belle scoperte, con una piccola donna african american teppista da «redimere» che arriverà tra loro a comporre un terzetto di femmine che celebrano indomite la scommessa di essere sé stesse.

 

 

A dare vita a Harriet è Shirley MacLaine che illumina il film in ogni passaggio splendidamente a suo agio con la ruvidezza di un personaggio che attinge ai molti di cui l’attrice con esordi hitchockiani (la ricordiano ventenne in La congiura degli innocenti) è stata corpo nella sua carriera. Impavida anche con le rughe, gli scoppi di risa che possono sembrare crudeli, i rimpianti fragili dell’età che balenano nei suoi begli occhi azzurri. Ma la «prova d’attrice» in assolo e in duetto (McLaine e Seyfried sono anche produttrici) non è l’unico punto di forza di questo film che nel superclassico scontro/incontro tra donne giovane e vecchia riesce a parlare di amore e di amicizia, di complicità e di legami familiari che non per forza devono corrispondere a quelli biologici. E soprattutto del senso di una «trasmissione» di esperienza che senza la pesantezza della «lezione di vita» può accadere per vie impreviste, persino un disco dei Kinks.

 

 

Pellngton segue le tre donne – bravissima la piccola AnnJewel Lee Dixon – nel loro viaggio alla scoperta degli slanci e di una nuova leggerezza indispensabili per la vita che verrà e per quella che è già passata, modulando su risate e lacrime di una storia universale un film classico senza bisogno di arredi vintage né di nostalgie del decor. Un po’ come i vinili che entrambe amano, come il suono indipendente della loro radio del cuore.