“La sicurezza che ci serve è quella sul lavoro”. Il grande cartello è ben visibile fra i mille striscioni delle Rsu delle fabbriche toscane, emiliane, liguri, umbre e marchigiane, e quelli rossi, verdi e blu della categoria confederale metalmeccanica. Nella marea umana che da piazza Cavalleggeri percorre i lungarno e le strette vie del centro storico, arriva fino al Duomo e chiude il suo cammino in una piazza Santissima Annunziata gremita, alla preoccupazione per il lavoro che viene troppe volte a mancare si unisce quella per il rischio, sempre più alto, di partire da casa al mattino senza avere la certezza di poter tornare la sera dai propri cari.
“Anche su questo fronte – ricorda Massimo Braccini, segretario generale toscano della Fiom Cgil – scontiamo una situazione in continuo peggioramento. Il sistema dei subappalti espone non solo a condizioni di insicurezza perché, fra le tante, impedisce la formazione degli operai e delle operaie. Finisce per condizionare in negativo anche l’ambiente lavorativo. Però questo governo sta continuando a seguire la strada, sbagliatissima, della destrutturazione dei sistemi produttivi. E attenzione, una volta che questo processo ha preso campo, ricambiare i modelli produttivi diventa un’impresa”.
A preoccupare gli almeno 15mila metalmeccanici arrivati a Firenze non ci sono dunque solo le chiusure per delocalizzazione produttiva, come alla Bekaert di Figline Valdarno, le difficoltà annose per carenza di strategie industriali adeguate come alla Kme di Fornaci di Barga, gli interrogativi su una reindustrializzazione tutta da costruire come alle Acciaierie Aferpi di Piombino, e improvvise cessioni come quella di Aeronavigazione, ramo d’azienda di Ids con 200 addetti nel settore informatico, ad Enav.
Anche dove le cose vanno ancora bene, come nella filiera della nautica che da Carrara arriva fino a Piombino, passando per Viareggio, Marina di Pisa e Livorno, dando lavoro a quasi 20mila addetti compresi i servizi collegati al settore, la destrutturazione del sistema produttivo sta provocando problemi su problemi. Ancora Braccini: “Se nel 2008 il rapporto fra lavoratori diretti dipendenti dei cantieri nautici e lavoratori in appalto era di uno ogni cinque, quest’anno abbiamo un lavoratore diretto, in media, ogni otto lavoratori degli appalti, in certi casi uno su dieci. Così in comparto ricco, e in costante ascesa, la ricchezza non è distribuita ai lavoratori che, non a caso, per la gran parte non hanno un premio di risultato e il secondo livello contrattuale”.
Vva a finire che gli orari di lavoro finiscono fuori controllo, e al solito ci sono continue emergenze legate alla sicurezza, e alla nocività degli ambienti all’interno dei cantieri. Il tutto in aree demaniali, quindi pubbliche. E solo ora, dopo anni di allarmi inascoltati, la Regione Toscana si è mossa, di fronte alla richiesta metalmeccanica di arrivare alla definizione di un protocollo di settore.
Dalle parti del governo nazionale invece non si muova foglia. “Solo ieri – ricorda Rocco Palombella, segretario generale della Uilm – ci sono stati tre incontri con il governo per altrettante crisi industriali, finiti ovviamente con un nulla di fatto. Ma noi continuiamo a ripetere che se non si interviene sul settore manifatturiero, se non si riescono a preservare settori come la siderurgia, l’elettronica, l’industria innovativa, continueranno ad esserci delocalizzazioni e licenziamenti. Il paese per poter ripartire ha bisogno di lavoro. E il lavoro non si crea con nuove leggi, si crea innanzitutto con investimenti pubblici e privati”.
Gianna Fracassi, segretaria confederale Cgil, tira a sua volta le somme: “Siamo di fronte a una contrazione della produzione industriale, alla perdita di valore del lavoro, all’aumento degli infortuni e dei morti. Lavoro e investimenti vanno rimessi al centro dell’agenda politica. Però il governo, sull’industria, non sta facendo praticamente nulla. Noi abbiamo fatto delle delle proposte e abbiamo delle idee, le abbiamo già spiegate al governo a partire da ottobre. Però non risponde, sembra quasi inerte. Così va avanti una fase di stallo che ormai dura da mesi, e questo è inaccettabile per il lavoro”.