Anche a distanza di molti anni Il posto degli ebrei di Amos Luzzatto rimane un testo di sconcertante attualità: nonostante il titolo – in apparenza limitato alla sola minoranza ebraica – vi si racconta di ebrei tanto quanto vi si ragiona di Europa. Un’Europa alternativa a quella dei populismi di cui Luzzatto già parlava nel 2003 – anno di pubblicazione del testo oggi riedito da Garzanti (pp. 128, euro 12) con la prefazione di Milena Santerini, coordinatrice nazionale per la lotta contro l’antisemitismo – e da costruirsi non solo dal basso ma da un angolo visuale che consentirebbe di superare i nazionalismi allora emergenti ed oggi emersi che è quella delle minoranze, reali manifestazioni di vite e storie che oltrepassano non solo l’idea di nazione ma la sua degenerazione nazionalistica.

Un continente di cui Luzzatto parlava come di «un teatro di insediamento di nuove minoranze e al tempo stesso un palcoscenico dove vecchie minoranze – come quella ebraica o quella valdese, per quanto riguarda le religioni; quella basca, quella ladina, quella rutena o quelle sinti e rom, per quando riguarda le lingue e le nazionalità minori – ripropongono in termini nuovi la conservazione e l’affermazione della propria identità di gruppo». «Quella che chiamiamo Europa – aggiungeva -, malgrado le manifestazioni di buona volontà, si manifesta come un’entità profondamente eterogenea».

IL LIBRO RESTITUISCE, oltre al sorriso sornione di Luzzatto dal risvolto di copertina, ad un anno dalla sua scomparsa, la lucidità di uno dei massimi pensatori ebrei dell’Italia contemporanea. Medico chirurgo, impegnato prima nel Pci poi nel Psiup, dal 1998 al 2005 presidente dell’Ucei, traduttore dall’ebraico dei libri biblici di Ruth, del Qohelet e del Cantico dei cantici, autore di saggi e racconti Luzzatto univa cultura scientifica, umanistica ed ebraica. Intellettuale dal ragionare lucido e aperto al confronto scrive in modo limpido e lineare della storia degli ebrei d’Europa e delinea come sia difficile definire l’esperienza ebraica prescindendo dalla sua storia tanto antica quanto da quella moderna e contemporanea.

Nella sua riflessione non esiste un ebraismo identitario rigido e immutabile nel tempo e nello spazio ma piuttosto una molteplicità di declinazioni possibili come quando descrive – nelle pagine dedicate all’emancipazione ebraica che segue la Rivoluzione francese -: «È immaginabile un’emancipazione nella quale i diritti dell’individuo (di per sé astratti, universalistici) siano compatibili con i diritti all’identità di gruppo? Forse si, ma certo non nella cornice degli stati nazionali. Per gli ebrei, che sono tali non in quanto individui ispirati da una verità trascendente, ciascuno per conto proprio, ma esattamente in quanto membri di una comunità umana dall’identità definita nelle sue esperienze e trasformazioni storiche, questa Emancipazione così come la conosciamo storicamente, parrebbe quasi offrirsi solo ad un determinato “prezzo”. Avrete tutti i diritti umani, pagandoli però con la perdita di gran parte della vostra identità collettiva». La sinistra politica, erede della visione dell’ebraismo portata dall’emancipazione, continuerà nei secoli seguenti, e fino ad oggi, a chiedere occasionalmente quel “prezzo”.

Denso di racconti e riferimenti storici Luzzatto ragiona non di ebraismo ma di ebrei, rigorosamente al plurale: dagli ebrei europei agli ebrei etiopi e ai caraiti, dai liberal o reform agli ebrei cosi detti laici che pur mantenendo le distanze dal sacro connesso alla rivelazione si identificano comunque nella collettività ebraica. Luzzatto riflette anche sulla storia e la valenza perdurante degli stereotipi antiebraici proponendo di rovesciare provocatoriamente la domanda: non tanto chi siano gli ebrei per gli ebrei ma chi sono gli ebrei per “gli altri”, chi siano stati e continuino ad essere nella cultura europea: fautori dei più diversi complotti, rivoluzionari dell’ordine costituito, manipolatori di ricchezze enormi.

IN UN’OPERA COSÌ DENSA di temi quanto limpida nell’argomentare la questione della religione diviene «importante – nella riflessione dell’autore – in quanto la stessa esistenza dello “stato degli ebrei” in Medio Oriente pone il problema se si tratti soltanto di un capitolo di uno scontro più esteso (il sionismo interpretato semplicisticamente come longa manus dell’imperialismo-colonialismo “occidentale”) o se si sia verificata una tragica coincidenza temporale fra due processi storici distinti (la rinascita nazionale ebraica e la contemporanea lotta per l’affrancamento del mondo arabo-islamico dal colonialismo europeo) che si sono sovrapposti, confondendo i motivi della contesa».

Nella prefazione, Milena Santerini offre una chiave di lettura preziosa: «Queste pagine sono un antidoto a ogni tipo di “fondamentalismo” che tenta di separare e non di connettere i fenomeni, nonché alla tentazione di reificare le identità rendendole pietre da lanciare contro gli altri».

Domani la «Giornata della cultura ebraica»

Trentacinque paesi europei e oltre cento località in Italia partecipano il 10 ottobre alla ventiduesima edizione della «Giornata europea della cultura ebraica». Un appuntamento che ogni anno coinvolge decine di migliaia di visitatori in visite, musei, concerti, mostre, incontri. Il tema di questo anno è «i dialoghi», al plurale. Così, a ragionare sui dialoghi possibili, saranno insieme rabbini, imam e sacerdoti ma non ci si limita alle religioni perché – come spiega la presidente dell’Unione delle comunità ebraiche italiane Noemi Di Segni, che coordina l’iniziativa «la storia del popolo ebraico è, anche, la storia di uno scambio costante e fluido con il mondo circostante» e, prosegue, «accanto alle diaspore forzate, ai secoli di discriminazione e subalternità è sempre esistito un fiume carsico di dialogo e scambio con le altre religioni e con l’intera società, che ha portato anche a luminosi esempi di convivenza». Capofila delle iniziativa è Padova con una storia ebraica ricchissima: fu, ad esempio, il sindaco ebreo Giacomo Levi Civita, nei primi del Novecento, a salvare dalla demolizione la Cappella degli Scrovegni, affrescata dal Giotto tra il 1303 e il 1305, inserita questo anno nella lista Unesco del patrimonio mondiale dell’Umanità. L’intero programma della giornata è consultabile sul sito ucei.it/giornatadellacultura/.