Potremmo rubare a Woody Allen uno dei suoi fulminanti paradossi e prestarlo a Alexis Tsipras: «Messa l’umanità di fronte a un bivio, da una parte la strada che porta alla disperazione e allo sconforto più assoluto e dall’altra la strada che porta alla totale estinzione, preghiamo che il cielo ci dia la saggezza di fare la scelta giusta».

Perché la notte di Atene è passata, ma il voto favorevole che ha dato via libera al piano concordato in Europa, ha il sapore amaro raccontato dai volti dei parlamentari, soprattutto quelli del partito di maggioranza, Syriza, che esce lacerato, diviso, da questo passaggio strettissimo, inevitabile al punto in cui era arrivata la trattativa a Bruxelles e considerato il bivio drammatico che il presidente del consiglio greco aveva di fronte.

Niente sorrisi, niente applausi, solo tensione e, forse, un rancore politico che potrebbe portare ulteriori divisioni. «Questa lotta un giorno darà i suoi frutti», ha detto Tsipras prendendo la parola in aula nel suo sofferto discorso al parlamento. Ma nessuno è profeta in patria, specialmente se ha da promettere sacrifici e dignità che, come è evidente, non servono a comprare il pane.

Lo sa bene Tsipras, leader discusso ormai, che non veste più i panni dell’eroe greco, perché parte dei suoi e del popolo potrebbero voltargli le spalle. Lui ha scelto di mettersi completamente in gioco, sapendo che anche vincendo, il prezzo da pagare, politico e personale, sarebbe stato, anzi è, durissimo. Sapeva di chiedere un referendum, non più contro i duri delle potenze europee, ma su di sé.

Ora che il dado è tratto, diventa più difficile il cammino da percorrere. Perché dovrà fronteggiare situazioni diverse, sapendo che pur avendo ottenuto un largo consenso in Parlamento, non ha più dietro di sé un esercito compatto, pronto a seguirlo a tutti i costi. E’ probabile un rimpasto di governo, si parla di elezioni in autunno.

Intanto il nuovo pacchetto di riforme è un campo minato. Innanzitutto dall’Europa, un cerbero pronto a sbranare Tsipras se il piano concordato non verrà applicato nei tempi e nelle modalità previste. Eppure, paradossalmente, la Grecia può trovare un “sostegno” proprio in uno dei componenti della Troika, il Fondo monetario internazionale che improvvisamente rinsavisce e “sostiene” il leader greco affermando la necessità di un forte un taglio al debito, e in ogni caso chiede agli interlocutori istituzionali un suo allungamento trentennale. Inoltre la Grecia potrebbe contare sull’appoggio di Francia e Italia (anche se in modo subalterno), a loro volta interessate a trovare un accordo per non essere il prossimo target di Berlino.

E’ più dura la situazione che Tsipras dovrà fronteggiare nel proprio paese. Gli scontri di piazza, voluti e organizzati da una minoranza di anarchici , potrebbero essere solo un assaggio di quel che avverrà nei prossimi mesi, se la vita di ogni giorno dei greci non migliorerà. Per un partito di sinistra sarebbe grave dover usare la forza nei confronti degli oppositori. Però il rischio c’è ed è fortissimo.

Al tempo stesso il leader dovrà misurarsi con la minoranza di Syriza, un partito diviso, come ha mostrato chiaramente il voto della direzione e di un gruppo di parlamentari. La minoranza, dopo il voto di ieri notte, assicura che non toglierà la fiducia al governo, ma già il “no” parlamentare è stato in qualche modo un voto di “sfiducia”. Si arriverà ad una scissione con la nascita di un nuovo partito di sinistra? Ne è anticipazione il comportamento dell’ex ministro Varoufakis e degli altri che, d’accordo con lui, declinano ogni responsabilità in questa vicenda?

Chi vuole attribuire a Tsipras ogni “colpa”, non può dimenticare che ha dovuto fronteggiare strutture, donne, uomini, paesi, con un potere enormemente più grande di lui. Si può e si deve discutere per capire se si poteva ottenere di più a Bruxelles, ma viste la sproporzione delle forze in campo e ciò che era in gioco, adesso si può dire che Tsipras ha, momentaneamente, salvato il paese dalla catastrofe.

Un risvolto della medaglia comunque c’è: la Grecia ha messo in evidenza che l’Europa, come il re, è nuda. Che ognuno pensa a propri interessi. E che altri interessi – ben più concreti, quelli sui debiti – vengono trattati estorcendo interessi sugli interessi: le sanguisughe sarebbero meno ingorde.

Ora andrebbe sostenuta l’idea di chi propone di organizzare una Conferenza Internazionale sul debito in Europa. Sarebbe solo uno di tanti problemi emersi in queste settimane, però estremamente importante. Anche per l’Italia. Ma qualcuno dovrebbe dirlo a Renzi.